– 3 Bad Men di John Ford inaugura la 43a edizione delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone (News)


Prima di capolavori come Ombre rosse o Sentieri selvaggi, John Ford aveva girato molti western nell’era del muto, mettendo in luce anche in quelle prime opere una coerenza di temi e ambientazioni che contraddistingueranno tutta la sua produzione artistica. Ne è prova 3 Bad Men (I tre birbanti, US 1926), il film che sabato 5 ottobre, alle 21, inaugura ufficialmente al Teatro Verdi di Pordenone la 43a edizione delle Giornate del Cinema Muto. Dopo il grande successo di The Iron Horse di due anni prima, la Fox concesse al giovane Ford ampia libertà di manovra, come nella scelta dell’ambientazione in esterni nel Wyoming e nel deserto di Mojave, dove il regista girò la sequenza più spettacolare di 3 Bad Men, la frenetica corsa per l’assegnazione delle terre, con centinaia di comparse, cavalli e carri. Rispetto al romanzo Over the Border di Herman Whitaker da cui il film è tratto, Ford cambia tempo e luogo della vicenda narrata, portandola nel 1876 nel South Dakota, dove migliaia di persone si precipitano a occupare le terre tolte ai Sioux. Tra i tanti fuorilegge e avventurieri ci sono anche i tre birbanti del titolo, che saranno però alla fine capaci di riscattarsi e di rivelare un insospettato senso dell’onore. Per 3 Bad Men sarà nella buca del Verdi a dirigere l’Orchestra da Camera di Pordenone il musicista Timothy Brock, autore di una partitura magnificamente evocativa.

Molte sono le proposte della giornata di apertura del festival. La programmazione inizia alle ore 13 al Teatro Verdi con il progetto Biograph della Library of Congress e della Film Preservation Society, che presentano i film girati da D.W. Griffith nel 1908, l’anno in cui iniziò la sua collaborazione con l’American Mutoscope and Biograph Company, per la quale realizzò film da una e da mezza bobina, compreso The Adventures of Dollie, considerato una pietra miliare nella storia del cinema. Le Giornate, che nelle edizioni dal 1997 al 2008 hanno già presentato l’intero corpus dell’opera griffithiana, a partire dal 2024 riproporranno solo le copie restaurate nell’ambito di questo progetto, ottenute scansionando le “paper prints” originali della Library con risultati fino a oggi impensabili. Finalmente si possono vedere, con una nitidezza delle immagini vicina a quella originale, film che prima esistevano solo in copie di cattiva qualità o addirittura non proiettabili.

Al via nel pomeriggio anche la rassegna dedicata alla Sicilia, curata da Elena Beltrami e Gabriele Perrone in collaborazione con archivi italiani, europei e sudamericani, con cui le Giornate iniziano un viaggio nelle diverse regioni italiane che ci offrirà l’opportunità di tornare indietro nel tempo e vedere com’erano gli italiani di cento anni fa.

Nel primo appuntamento con i classici del Canone c’è Sorok Pervyi (L’isola della morte, USSR 1926) di Yacov Protazanov, regista che rappresenta la continuità del cinema in Russia tra il prima e il dopo la Rivoluzione d’ottobre. La nota dominante del film, che è anche una storia d’amore, non è idilliaca o romantica ma quella tragica della guerra civile. La visione di Sorok Pervyi è anticipata dal primo di 14 film misteriosi della sezione “Sine nomine”: frammenti provenienti da sei diverse cineteche da identificare confidando sull’esperienza e conoscenza del pubblico delle Giornate.

Una grande retrospettiva curata da Paolo Tosini è dedicata all’America Latina e comprende film provenienti da Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Cuba, Ecuador, Messico, Paraguay, Perù e Uruguay. Il primo focus è sul Messico, con la collezione Ottavio Moreno Toscano, filmati che ripercorrono i principali eventi della storia del Messico tra il 1910 e il 1922 con molte immagini del leader rivoluzionario Emiliano Zapata. Si vedranno anche un documentario sul terremoto del 1931 a Oaxaca, girato quasi in tempo reale da Sergej Ejzenštejn prima di iniziare le riprese di Que viva Mexico!; un melodramma moraleggiante di Salvador Pineda sui pericoli dell’alcol; e un curioso ibrido cinematografico, Zítari, tra documentario sui siti archeologici e fiction con l’attrice lussemburghese Hermine Kindle Flutcher (nome d’arte Medea de Novara).

Le Giornate del Cinema Muto rendono omaggio ad Anna May Wong, la prima star sinoamericana che fu a lungo emarginata per il razzismo dominante a Hollywood e che solo negli ultimi tempi è stata risarcita con il conio della moneta da 25 centesimi di dollaro recante sul retro il suo ritratto e con l’uscita sul mercato della Barbie da collezione che porta il suo nome. Recitò in più di 70 film, di cui 37 muti, in America, Germania, Francia e Gran Bretagna. Il primo titolo in programma è Dinty (US 1920), in cui l’attrice, appena quindicenne, neanche viene ufficialmente accreditata. Autore delle scene è Ben Carré, anch’egli oggetto di una delle retrospettive del festival.

Il film è anticipato da un frammento di Five Days to Live (Cinque giorni di vita, US 1922) di Norman Dawn con la più famosa star maschile di Hollywood di origine asiatica, Sessue Hayakawa, anch’egli vittima dell’odio razziale verso i giapponesi che si sviluppò già nel primo dopoguerra.

Completano il quadro della giornata un eccezionale home-movie della famiglia dell’industriale piemontese Riccardo Biglia conservato presso l’Archivio Nazionale Cinema Impresa di Ivrea; e il corto di Alfred J. Goulding Peg O’ the Mounted (US 1924) girato nel parco nazionale di Yosemite, con protagonista Diana Serra Cary, una delle bambine prodigio di Hollywood con il nome di Baby Peggy, che il pubblico delle Giornate ricorda con molto affetto per la sua partecipazione a tre edizioni del festival. Dopo la proiezione di 3 Bad Men di John Ford, il primo film della rassegna dedicata al cinema dell’Uzbekistan, Qlic [Klych; Voglio fare il macchinista ferroviario], del 1935, con la regia di Iuldash Agzamov, una figura importante del cinema dell’Asia centrale, con protagonista un ragazzino che vive in uno sperduto villaggio di campagna e che va alla scoperta della grande città.

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