Un western classico quello messo in piedi da John Ford con il suo “Sfida infernale”. Probabilmente anche il più accorato del regista. Siamo nel 1882, Wyatt Earp, dopo essere stato sceriffo di un paese di frontiera, Dodge City, si è dimesso dall’incarico e con i suoi fratelli Morgan, Virgil e James è di
passaggio in Arizona perché sono tutti e quattro diretti in California con la loro mandria di buoi. Una sera si accampano presso la cittadina di Tombstone, ma viene ucciso il più giovane dei fratelli e la mandria trafugata. Wyatt decide, quindi, di rimanere in città per chiarire il fatto. Un ballo organizzato nell’edificio, non ancora ultimato, della chiesa, offre un’idea delle aspirazioni di pace e di progresso della parte più sana della città con la quale si allea Earp. Parallelamente Doc John Holliday, un ex medico e buon pistolero, ma dedito all’alcol, vede diminuire la propria autorità a favore di quella del nuovo arrivato. Tra i due c’è fin da subito attrito che incrementa nel momento in cui nasce una profonda simpatia tra Clementina Carter, ex di Doc, e Wyatt. Quando una ragazza innamorata di Doc rivela a Wyatt che i Clanton sono i responsabili della morte del fratello tutte le carte in tavola cambiano. I Clanton uccidono la giovane e Virgil Earp. Il mattino seguente, allora, all’OK Corral, Holliday e Earp affrontano i Clanton. Il primo rimane ucciso nella sparatoria, ma Earp riesce ad avere la meglio e tutti i Clanton vengono fatti fuori. Alla fine, quindi, “Sfida infernale” altri non è che la messa in scena di un racconto (o meglio di una serie di racconti) portato alle orecchie di John Ford dallo stesso Wyatt Earp, ancora in vita mentre il regista girava i suoi western muti. La classica sfida combattuta all’OK Corral di Tombstone il 26 ottobre 1881 è stata, in qualche modo, ricreata tramite i racconti del protagonista della vicenda che, ancora vivo, capitava sul set dei film di Ford e si ubriacava con le comparse. Il regista gli offriva il caffè e si faceva raccontare la grande sfida. Da segnalare che il titolo originale del film “My Darling Clementine” deriva dalla canzone western inserita nella vicenda col nome della protagonista femminile. Una storia nella storia, alla quale Ford tiene in maniera particolare perché per lui la leggenda è più importante della cronaca e non a caso il tema centrale del film è rappresentato dalla lotta per il progresso e la pace contro quelle forze che si oppongono, nello specifico la famiglia Clanton. Con questo titolo, in qualche modo, Ford ha deciso di misurarsi con l’eterna contrapposizione tra bene e male, tra giusto e sbagliato, ma anche tra vecchio e nuovo, perfettamente incarnati dai due protagonisti della vicenda. Da una parte il determinato Wyatt Earp, al quale presta il volto un sempre eccellente Henry Fonda, e il cinico e generoso Doc Holliday, interpretato da Victor Mature. Non solo i due protagonisti, ma anche gli altri personaggi, sembrano vivere all’interno di una canzone di gesta. E questo grazie anche e soprattutto alla maestria del regista che riproduce fedelmente lo stile e il modo di vivere con il quale cowboys e fuorilegge rischiavano tutto. Non a caso “Sfida infernale” è, dal punto di vista dello spirito più che della storia in sé, la più esatta ricostruzione tra le tante che sono state fornite sull’episodio in questione. Ad alimentare questa ricostruzione precisa e attenta ci pensano, come detto, i personaggi e la prova attoriale sia dei due principali che degli altri. Loro atteggiamenti e modi di fare si ricollegano perfettamente alla situazione e al contesto storico e richiamano a determinati accadimenti. Henry Fonda e il suo Wyatt Earp hanno il compito di suggerire i momenti più distesi della vicenda, dal riposo con un piede sulla seggiola inclinata e l’altro sulla balaustra della veranda, agli intensi colloqui con Clementine senza tralasciare la memorabile scena del ballo. Ma è Doc, interpretato da un sorprendentemente bravo Victor Mature, che rappresenta il vero fulcro del film: medico con vocazione alla pistola, malato e poeta maledetto riesce a bucare lo schermo nel modo giusto e a diventare la figura di riferimento e di richiamo del film.
Come detto storia e leggenda vanno quasi di pari passo in questo film. Ma sarebbe più corretto affermare che la storia si tramuta in leggenda non solo nei duelli e nelle sparatorie, ma anche e soprattutto attraverso i conflitti interiori di uomini e donne, apparentemente ordinari, impegnati in azioni straordinarie. Le problematiche che affliggono i personaggi sono quelle che potrebbero affliggere chiunque e quelle nelle quali chiunque può rispecchiarsi. La maestria di Ford sta proprio nel rendere l’ordinario qualcosa di straordinario. Va anche detto che “Sfida infernale” è uno dei western di Ford più fortunati e che ha anche ricevuto un premio al festival di Locarno nel 1947. Inoltre la sfida dell’OK Corral, al centro di questo film, è stata poi raccontata anche da altri e in altri modi, addirittura con alcuni titoli che si possono definire dei remake dello stesso film di John Ford e non tanto delle ricostruzioni della sfida vera e propria. Allo stesso modo il regista riprenderà i personaggi che torneranno ne “Il grande sentiero” del 1964. Un film autentico, sotto tutti i punti di vista, grazie al vigore del sentimento dei personaggi, la ricchezza del racconto e la splendida descrizione dei paesaggi ai quali Ford ha abituato i suoi spettatori. Diventano quasi protagonisti e parte integrante della storia, oltre che elemento in più per poter apprezzare, anche nei momenti di più concitata azione, la sterminata e sconfinata bellezza degli spazi resi quasi idilliaci dal regista. Forse uno dei migliori western di John Ford che sicuramente è stato e resta una pietra miliare per il genere, per tutti coloro che si sono ispirati a questo titolo e a questa vicenda e per tutti gli amanti del cinema di John Ford e del cinema in quanto arte. Tanti gli elementi da tenere presenti in un film come questo che, in un modo o in un altro, ha contribuito a creare un’importante pagina di cinema. Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI. (Analisi critica a cura di Veronica Ranocchi)
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