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I nostri ieri Recensione Poster

Ricevuto un contributo, Luca vuole cimentarsi in un cortometraggio con alcuni detenuti, con una proiezione interna all’Istituto. Tirando a sorte tra i candidati in detenzione, la scelta della storia da raccontare è quella di Beppe. Il suo racconto diventerà l’occasione per ciascuno di raccontarsi per la prima volta. Andre Papini si adopera in una narrazione dentro la narrazione, il cinema dentro il cinema. L’occhio digitale diventa giudice supremo della coscienza di ogni personaggio. Non è esente neppure Luca, Peppino Mazzotta, il quale, accogliendo sua figlia Greta in preparazione per l’esame di ammissione all’Università di Boston, rivive alcuni ricordi distorti con il tempo. Anche il loro, perciò, è un racconto iniziatico: Luca scopre di non aver mai visto la realtà per quella che era, a cominciare da suo padre che credeva un gigante, le cui giacche impolverate, corte e strette, lo rivelano, dopo anni, piccolo e minuto; Greta, invece, nell’apparente sicurezza della sua scelta di studi all’estero nasconde il tormento e il panico della solitudine. Così, mentre Luca esplora il territorio nel ripercorrere le tappe del racconto di Beppe, Francesco Di Leva, si imbatte nella sorella della vittima, Lara, Daphne Scoccia, una giovane ragazza che ama la fotografia e il montaggio digitale, e che si offre di aiutare Luca fino a quando l’immagine del dramma vissuto non si presenta così reale da averne paura. Andrea Papini, nei panni di Luca, vuole che sia il cinema, tramite l’occhio neutro e imparziale dell’obiettivo, a restituire il coraggio della verità. Così è per l’ex moglie di Beppe, Desy, Teresa Saponangelo, che può finalmente dire davanti alla macchina da presa come si sia rifatta una vita, dimenticando tra le mura di una cella, il suo compagno Beppe. I nostri ieri non manca di chiarezza nel dire quanto la potenza del mezzo cinematografico sia efficace per la memoria di sé, delle azioni commesse, dei sentimenti provati e neppure quanto il cinema sia in grado di offrirti un’altra possibilità nella, e di vita. Per questo, il cortometraggio finale, il saggio realizzato da Luca, diventa, in modo esplicito, lo strumento con il quale e nel quale, il soggetto, Beppe, riuscendo a “vedere” e “ri-vedersi” nello sciagurato atto commesso, si riconosce come un uomo in preda all’ansia, guidato dall’istinto, senza razionalità. Pentito. Tuttavia, è proprio nella regia del suo film che Andrea Papini manca di ritmo, di energia. I lunghi tragitti in auto, le riprese dal drone, i paesaggi visti in panoramica, non restituiscono altro che un mutismo inoperoso, al limite dell’inerzia. Infatti, mentre il silenzio può essere “parlante”, cioè dice, aggiunge colore e tempo alla narrazione, il mutismo di Papini si trasforma in una dilatazione temporale che non solo non aggiunge nulla di nuovo ai soggetti implicati ma ne distrae dal loro sviluppo interiore. Per questo, nella scelta di una linearità narrativa, di verosomiglianza, rimangono alcune incongruità che lasciano come dei buchi, tra i molti: manca spazio alla liquidazione di Greta con un’ultima battuta senza seguito; manca spazio al dolore di Lara e alla coscienza che ne ha preso attraverso l’incontro con Luca. Insomma, I nostri ieri è un buon esperimento che manca ancora di verifica. (La recensione del film “I nostri ieri” è di Rita Ricucci)