(ANSA) – Donne ai margini, vittime della violenza maschile fino all’estremo, umiliate, sfruttate, devastate anche fisicamente; ma allo stesso tempo donne coraggiose di generazioni diverse che non si arrendono al deserto morale e sociale in cui sono state rinchiuse, capaci di proteggere la vita e lo sguardo puro di un
ragazzo rimasto bambino. È il viaggio, tra strapiombo e salvezza, di Misericordia, il nuovo film di Emma Dante, ispirato dall’omonimo testo teatrale della grande autrice e regista, che debutta in Special Screenings alla Festa del Cinema di Roma, per poi arrivare in sala dal 16 novembre con Teodora. “Quando scrivo le storie, quello che succede fuori mi influenza moltissimo – spiega all’ANSA Emma Dante che firma la sceneggiatura con Elena Stancanelli e Giorgio Vasta -. Faccio questo lavoro nel contemporaneo e infatti non mi interessano le storie in costume, perché non saprei da dove cominciare per raccontarle, anche se mi diverte guardare quei film”. Per me “è molto importante parlare di quello che so, che sento, che vedo: è il mio motore. Nella nostra contemporaneità c’è qualcosa di orribile, ma non posso sottrarmi”. Nella storia (producono Rosamont con Rai Cinema) siamo in Sicilia, nella Contrada Tuono, un piccolo borgo marinaro di casupole e baracche sul mare, tra rifiuti e una montagna pericolosa, solitudini, vite e famiglie precarie. La morte violenta di una donna, causata dal suo protettore, Polifemo adeguatamente ribattezzato ‘il porco’ (Fabrizio Ferracane) lascia un neonato orfano, Arturo (Simone Zambelli, che era protagonista anche in palcoscenico). Lo ritroviamo 18enne, ma adulto solo fisicamente. Ha la purezza dei bambini (gioca con loro, che lo prendono in giro quando si spoglia per correre nudo nella natura), ma conosce la curiosità, l’affetto e la paura. L’hanno cresciuto con amore altre due prostitute controllate da Polifemo, Nuccia (Tiziana Cuticchio) e Betta (Simona Malato) a cui si aggiunge anche la più giovane Anna (Milena Catalano). Toccherà a loro prendere una decisione difficile per garantirgli la sopravvivenza. “Per me la parola ‘misericordia’ ha qualcosa dentro di profondamente umano più che di religioso, perché è il sentimento che voglio provare quando vedo un disgraziato – aggiunge Emma Dante -. Non devo avere pietà di lui ma sentire di condividere quella disgrazia. Quando vediamo qualcosa di terribile, quell’orrore ci riguarda”. Arturo “è un personaggio al di sopra dei generi. Non è un maschio, non è una femmina, non è un bambino, non è un adulto, non è formato, ma in realtà cresce. È comunque una creatura che ha diritto a un futuro”. Portare Misericordia dal teatro al cinema “ha dato a questa storia una collocazione geografica ed emotiva”. Rispetto al palcoscenico “nel film si accende la luce. Quella del cinema è forte come quella nella camera operatoria, fa aprire la storia sul mondo”. A Emma Dante parlare di persone ai margini “viene naturale, mi sento più a mio agio là che in un salotto borghese”. Un racconto mai tanto attuale, visti i numeri della violenza sulle donne: “Ogni giorno ne ammazzano una… gli uomini possono fare molto, tenendo a bada l’animale”. Un ruolo in tanta violenza “ce l’ha l’educazione patriarcale che ancora ricevono i bambini”. Dove trova Emma Dante la speranza in questa realtà? “Nel futuro semplice di ‘Avrai'”: la canzone di Baglioni che nel film, dedicato al figlio (come aveva fatto il cantautore con il brano, ndr) Emma Dante utilizza per accompagnare il percorso del protagonista. (ANSA)
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