La recensione di “True Mothers” a cura di Rosalinda Gaudiano. Una coppia senza figli, Satoko e suo marito Kiyo Kazu, decidono di prendersi cura di un bambino senza famiglia e si rivolgono ad un’associazione che si occupa di adozioni. Il bambino tanto atteso arriva.
E’ il figlio dell’amore, che Hikari, una ragazza poco più che adolescente, ha partorito e ha deciso di dare in adozione. Asato, questo è il nome del bambino, viene accolto con amore e dedizione dai genitori adottivi, ma Hikari, sua madre biologica, ha il cuore spezzato, e per questo necessario distacco non riuscirà mai a recuperare sé stessa. “True Mothers”, presentato al Festival di Cannes e in selezione ufficiale alla Festa del Cinema di Roma, è l’ultimo lavoro cinematografico della regista giapponese Naomi Kawase, che predilige tematiche autobiografiche legate quasi sempre al sistema parentale. In questa sua ultima opera slittano in parallelo due drammi esistenziali, quello di Hikari, la mamma biologica di Asato e di Satoko, la madre adottiva, che nel crescere il bambino avverte sempre una sorta di rapporto precario con il piccolo. Il dramma delle due madri si delinea su una sorta di sentimenti imponenti che costituiscono il legame viscerale con il piccolo Asato. La cineasta giapponese riesce molto bene a rendere il dramma di Hikari, che ha partorito un bambino amato, perché generato da un amore vero. E la stessa Satoko, è combattuta dal donarsi totalmente al sentimento autentico di madre, perché tra lei e il piccolo esiste l’ostacolo di “mamma Hiroshima”, nome che lei stessa ha dato alla madre biologica di Asato, per ricordare al bambino che esiste sempre per lui un’altra mamma. Il film articola così l’intera narrazione, rifugiandosi sul genere sentimentale, intriso di emozioni, colte anche nella natura del paesaggio, negli alberi di ciliegio e nell’azzurro plumbeo di un mare in sussulto, come negli enormi palazzi dove vivono famiglie come quella di Satoko e suo marito. E’ nel montaggio, tutto costruito su flash-back, che il film perde autorialità, in un collage mal gestito di momenti salienti che mettono in primo piano la tranquillità della coppia dei genitori adottivi, contrapposti all’angoscia esistenziale della giovane Hikari. Nella eccessiva lungaggine, Naomi Kawase gestisce per il rotto della cuffia il dramma di una maternità negata per una situazione ingestibile, causa l’età di una madre poco più che bambina, un amore adolescenziale brutalmente finito, e invece l’importanza di una famiglia adottiva, per un bambino gioioso e sereno, anche se venuto al mondo per una beffa del destino. (La recensione del film “True Mothers” è di Rosalinda Gaudiano)
LA SCHEDA DI “TRUE MOTHERS” (Asa ga kuru)
Regista: Naomi Kawase – Cast: Arata Iura, Hiromi Nagasaku, Taketo Tanaka, Aju Makita, Reo Sato, Hiroko Nakajima, Tetsu Hirahara, Ren Komai, Miyoko Asada – Genere: Drammatico – Anno: 2020 – Paese: Giappone, Francia – Sceneggiatura: Naomi Kawase, Izumi Takahashi – Fotografia: Naomi Kawase, Naoki Sakakibara, Yûta Tsukinaga – Musica: Akira Kosemura, An Ton That – Durata: 2h 19 min – Distribuzione: Kitchen Film – Data di uscita: 13 Gennaio 2022
Trama: True mothers, film diretto da Naomi Kawase, racconta la storia di una donna, Satoko (Hiromi Nagasaku), sposata con Kiyo Kazu (Arata Iura), entrambi desiderosi di avere un bambino. Purtroppo, però, dopo diversi trattamenti di fertilità, la donna non rimane incinta e la coppia si vede costretta ad arrendersi e accettare la realtà dei fatti. I due, dopo un colloquio con un’associazione, si convincono ad adottare un bambino di nome Asato (Reo Sato). Trascorrono gli anni, ben sei, e Satoko e Kiyo sono ormai affezionati al figlio e hanno imparato a essere dei buoni genitori per lui, fin quando non ricevono una telefonata. Si presenta a loro Hikari, la madre biologica di Asato, che ha avuto il bambino all’età di 14 anni…
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