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Saltburn Recensione Poster

mai sentito nemmeno nominare, e di lì in avanti, per giorni non farai che leggere notizie su quel film. Se poi hai la sventurata idea di cliccare sopra la notizia allora è la fine, perchè l’algoritmo si mette in moto e ti propinerà a sfinimento solo articoli e recensioni su quel film, che ne decretano il successo, il film del momento, il film che bisogna vedere, che tutti stanno vedendo, e non c’è modo di sapere se tutti ne parlano perchè tutti lo stanno vedendo o se tutti lo stanno vedendo perchè tutti ne parlano (tanto con le piattaforme poi chi va a controllare?). Ultimo fenomeno in ordine di tempo, Saltburn che, ovviamente, siamo andati a vedere (c’era già stato Fair Play o prima ancora Bridgerton). Su Saltburn tutti hanno già detto tutto per cui ci sentiamo autorizzati a dire anche la nostra. La prima osservazione che ci viene spontanea è che Saltburn è un film fatto per piacere. Patinato, intrigante, avvincente, ammiccante, scandaloso ma non troppo, lascivo ma non troppo, crudele ma mai disturbante, Saltburn, opera seconda di Emerald Fennell, già regista e sceneggiatrice premio Oscar per Una donna promettente (a cui si possono muovere più o meno le stesse critiche di Saltburn), strizza l’occhio continuamente allo spettatore, tramite i suoi protagonisti, tutti bellissimi, giovanissimi, ricchissimi, annoiatissimi e brillantissimi (Jacob Elordi, Rosamund Pike, Archie Madekwe, Carey Mulligan, Richard E. Grant), tramite le location strafighe, la colonna sonora modaiola, la fotografia nitida e iperrealista, le luci calde dell’estate, i colori vividi.  La seconda è che sembra un film già visto mille volte, in una salsa o in un altra, magari non nella totalità ma nei singoli segmenti, è come se rimescolasse e riassemblasse pezzi già usati. Il riferimento più ovvio è Il talento di Mr. Ripley, ovviamente, ma ci viene in mente anche Posh di Lone Scherfig o un altro film abbastanza recente targato anch’esso Prime Video, Kids in love, con Will Poulter e Cara Delevingne, con cui Saltburn condivide l’ambientazione, il contesto, lo stile visivo. Quello però è stato massacrato, Saltburn invece viene esaltato come fosse il film definitivo. In verità, al di là della facciata luccicante, è povero sia a livello di contenuti (a meno che non si voglia davvero credere, come è stato scritto, che sia un film sulla lotta di classe), sia a livello di scrittura, essendo basato su uno stratagemma molto in voga nel thriller contemporaneo per cui si fa vedere l’effetto dell’azione ma non l’azione stessa, si mostra l’esito di un processo nascondendo il processo secondo una comoda scorciatoia grazie alla quale il serial killer di turno può compiere le imprese più mirabolanti senza che nessuno ci spieghi come le ha compiute. Così in Sultburn, luogo della mente dove la polizia non esiste e scie di morti misteriose avvengono per incanto e possono rimanere insolute senza dare adito ad indagini, inquisiti o semplici sospettati. Da vedere comunque, se non altro per l’ultima sequenza: a Barry Koeghan bisognerebbe dare l’Oscar solo per quella. (La recensione del film “Saltburn” è a cura di Mirko Nottoli)

Il Film “Saltburn” di Emerald Fennell è disponibile in Streaming su