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Back to Black Recensione Poster

Back to black e arriva il successo planetario. Lui la vede in tv, le manda un sms e lei torna di corsa tra le sue braccia. Si sposano, lei continua a dar di matto, lui continua ad andare in giro con dei graffi in faccia, e poi i paparazzi, quei farabutti, la droga, l’alcol, lui la molla di nuovo, lo stronzo, e lei si ammazza, la poverina. Su Amy Winehouse era già più che sufficiente il bel documentario del 2015 diretto da Asif Kapadia. Vi era già tutto. Non c’era certo bisogno del solito biopic capace solo di banalizzare e semplificare vite che vissute più o meno intensamente restano complesse per definizione. Come sempre capita, manca, in Back to black, la parte artistica, il processo creativo, il come nasce una canzone e come si sviluppa, lascia perplessi il fatto che nel narrare la vita di un’artista, il suo essere artista viene trattato come un fatto marginale, una schitarrata seduta sul letto mentre biascica qualche parola e l’indagine sulla sfera autoriale della Winehouse è già data per acquisita. Dietro la macchina da presa Sam Taylor-Johnson, già nota come Sam Taylor-Wood. Sam Taylor-Wood era un’artista concettuale molto impegnata, membro dei celebri e controversi Young British Artist, poi ha sposato Kick Ass, ha cambiato il nome in Sam Taylor-Johnson e adesso si presta a fare bassa manovalanza dalle parti di Hollywood (suo anche il famigerato 50 sfumature di grigio). Leggenda narra che al provino per Back to black tutte le candidate al ruolo principale si siano presentate agghindate come Amy Winehouse (ma dai?!?), tutte tranne Maria Abela che era invece vestita normalmente e che la regista abbia scelto proprio lei per questo, perchè non voleva un’imitazione. Obiettivo raggiunto: a parte la voce infatti (sì pare sia la Abela a cantare), con Amy Winehouse c’entra poco o niente a meno che Amy Winehouse non ciondolasse la testa di continuo, ma non ci risulta (la terremmo però d’occhio per un eventuale film su Britney Spears). Desiderio di Amy è che la gente ascoltasse la sua voce e si dimenticasse per tre minuti dei problemi. Accontentiamola: chiudiamo gli occhi, dimentichiamoci del film e ascoltiamo le canzoni, che è meglio. (La recensione del film “Back to Black” è a cura di Mirko Nottoli)