(AdnKronos) E’ morta a 92 anni Anouk Aimée, leggendaria attrice francese e icona della Nouvelle Vague. Ha incantato il pubblico con la sua eleganza, il suo fascino e le sue interpretazioni indimenticabili tra cui ‘La Dolce Vita’ di Federico Fellini (1960). Nata a Parigi il 27 aprile 1932, Aimée ha iniziato la sua carriera da giovanissima e ha vinto nel 1980 il Prix d’interprétation féminine al Festival di Cannes per il film ‘Salto nel vuoto’ di Marco Bellocchio. Nel 2002 le è stato conferito il Premio César onorario e nel 2003 l’Orso d’oro alla carriera al Festival di Berlino.
Al suo capezzale, come è stato reso noto tramite i social, c’era la figlia Manuela Papatakis, nata dal matrimonio con il regista e sceneggiatore Nikos Papatakis.
Gli esordi, Fellini, la Francia e l’Italia. Nata come Françoise Sorya Dreyfus, figlia di Henri Dreyfus, attore francese di origine ebraica, e dell’attrice Geneviève Sorya, studiò danza e recitazione presso l’istituto parigino dell’Opéra Marseilles, con il suo debutto cinematografico che avvenne a soli 15 anni con il regista regista Henri Calef che la volle per interpretare “Tragico incontro” (1947). Il suo aspetto fragile colpì André Cayatte che la scelse per “Gli amanti di Verona” (1949), rivisitazione della storia di Giulietta e Romeo. Grazie a questo film Aimée venne notata dal produttore inglese Joseph Arthur Rank che le affidò la parte della ragazza francese di “La salamandra d’oro” (1950) di Ronald Neame. Dopo due film diretti da Alexandre Astruc, “La tenda scarlatta” (1953) e “Les mauvaises rencontres” (1955), recitò in “Montparnasse” (1957), diretto da Jacques Becker, il ruolo di Jeanne Hébuterne, musa e amante del pittore Amedeo Modigliani (Gérard Philipe), morta suicida dopo la scomparsa dell’artista livornese.
Il suo viso intenso dai tratti irregolari e l’eleganza del corpo sottile colpirono anche Federico Fellini, che la diresse in “La dolce vita” (1960), affidandole il personaggio dell’ereditiera Maddalena, vecchia amica di Marcello Rubini (Marcello Mastroianni), segretamente innamorata di lui. In uno dei dialoghi più celebri tra i due personaggi, a Maddalena che dice “Vorrei vivere in una città nuova e non incontrare più nessuno”, Marcello replicava: “A me invece Roma piace moltissimo: è una specie di giungla, tiepida, tranquilla, dove ci si può nascondere bene”. Per il personaggio di Maddalena, Anouk Aimée battè la concorrenza di Silvana Mangano e Edwige Feuillère. E il senso di questo personaggio tormentato è racchiuso in questa battuta: “Io non riesco neanche a reggermi in piedi. Ci vorrebbe una carica vitale che io non ho per girare a testa alta. Quando faccio l’amore… ecco sì, nell’amore c’è questa tensione. Solo l’amore mi dà questa forza”. A proposito del film, l’attrice francese disse: “Con Fellini ho perso parecchi ritegni. Forse farei anche le piroette se mi chiedesse di farle”.
In seguito Anouk Aiméè lavorò prevalentemente con registi francesi come Jacques Demy, che la volle per il suo film d’esordio “Lola, donna di vita” (1961) nella parte di una cantante di cabaret, e con cineasti italiani come Vittorio De Sica che la diresse in “Il giudizio universale” (1961) e nuovamente Federico Fellini che, dopo “La dolce vita” la scelse per interpretare in “8 ¹/₂” (1963) la moglie borghese stanca dell’infedeltà e delle incertezze del marito regista (Marcello Mastroianni). Sempre in Italia è stata diretta da Pasquale Festa Campanile in “Le voci bianche” (1964), “Le stagioni del nostro amore” (1965) di Florestano Vancini (1965), “Il morbidone” (1965) di Massimo Franciosa (1965).
Il successo internazionale con ‘Un uomo, una donna’. Il grande successo internazionale per Aimée arrivò con “Un uomo, una donna” (1966) del regista Claude Lelouch che le affidò il ruolo della protagonista Anne Gauthier divisa tra l’amore per un pilota di rally (Jean-Louis Trintignant) e il ricordo sempre vivo del marito scomparso. Per questa interpretazione ottenne il Golden Globe per la migliore attrice in un film drammatico e una nomination all’Oscar. Il film che la rese celebre nel mondo le aprì nuove porte, recitando con registi importanti come George Cukor, per il quale fu una seduttrice “Rapporto a quattro” (1969), e Sidney Lumet che la volle nel cast di “La virtù sdraiata” (1969).
Al tempo stesso consolidò un sodalizio con Lelouch, che ne fece la protagonista di “Vivere per vivere” (1967) e “Chissà se lo farei ancora” (1976). Dopo “Viva la vita” (1984), nel 1986 accettò l’offerta del regista di recitare in “Un uomo, una donna oggi”, seguito del film che le aveva dato la notorietà mondiale vent’anni. Di nuovo Lelouch l’ha voluta in “Uomini & donne – Istruzioni per l’uso” (1996), “Una per tutte” (1999), “Ces amours-là” (2010) e in “I migliori anni della nostra vita” (2019), di fatto il suo ultimo film da interprete.
Bellocchio, Bertolucci e Altman con ‘Pret-a-porter’. Dopo aver diradato le sue apparizioni per circa un decennio, all’inizio degli anni Ottanta l’attrice francese tornò a lavorare Italia con Marco Bellocchio in “Salto nel vuoto” (1980), affresco di nevrosi domestiche in cui è Marta, legata da un insano rapporto di tipo coniugale al fratello Mauro (Michel Piccoli): per questo ruolo vinse il Prix d’interprétation féminine al Festival di Cannes.
Nel 1981 Bernardo Bertolucci la diresse in “La tragedia di un uomo ridicolo”, nel ruolo della moglie del protagonista (Ugo Tognazzi). E’ stato il regista statunitense Robert Altman a offrire alla grande attrice francese uno dei suoi ultimi ruoli importanti in “Prêt-à-porter” (1994), affidandole la parte della stilista Simone Lowenthal che, dopo essere stata derubata dal figlio (Rupert Everett) decide di far sfilare le sue modelle prive di abiti nella scena finale del film. All’Aimée simbolo della Nouvelle Vague, Agnès Varda affidò un ruolo in “Cento e una notte” (1995). Successivamente le sue apparizioni cinematografiche si sono fatte sempre più rare.
I quattro matrimoni, l’unica figlia. Anouk Aimée è stata sposata quattro volte con altrettanti registi: dopo un brevissimo matrimonio con Edouard Zimmermann, tra il febbraio 1949 e l’ottobre 1950, si risposò con Nikos Papatakis (1951-1955), da cui è nata la sua unica figlia. Il terzo matrimonio con Pierre Barouh durò solo tre anni, tra il 1966 e il 1969, mentre il quarto con Albert Finney otto anni, dal 1970 al 1978. (di Paolo Martini – Adnkronos)
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