Vincitore della Palma d’oro come miglior film al 14esimo Festival di Cannes, ex aequo con un altro film “L’inverno ti farà tornare” di Henri Colpi, “Viridiana” è un film del 1961 diretto da Luis Buñuel. Il film ruota intorno a Viridiana, una giovane novizia in procinto di prendere i voti, mandata dalla Madre superiora a visitare suo zio Don Jaime, ultimo parente rimastole e che le aveva pagato gli studi. Questi, colpito dalla straordinaria
somiglianza fra la giovane e la moglie defunta, se ne innamora e tenta di sedurla arrivando a chiederle di sposarlo, suscitando, però, la reazione indignata della giovane. Viridiana non è intenzionata a cedere alle avances dello zio e tenta la fuga. Lui, però, la costringe a rimanere, grazie anche all’aiuto della serva Ramona, che le somministra un narcotico. Prendendo seriamente in considerazione l’idea di violentarla nel sonno, Jaime decide poi di non farlo, anche se il mattino seguente comunica il contrario alla nipote, sperando che la verginità perduta possa convincere la giovane a rimanere. L’argomentazione, in realtà, non basta perché Viridiana ha una reazione opposta: abbandona la tenuta diretta al convento, ma mentre aspetta l’autobus è informata del suicidio di Don Jaime. La giovane decide allora di trasferirsi nella villa appena ereditata insieme a Jorge, figlio dello zio. Si rifiuta di tornare al convento e decide di dedicare la propria vita a un gruppo di senza tetto che accoglie in una tenuta della villa.
Un giorno Viridiana e Jorge si assentano dalla villa per recarsi da un notaio ed è in quell’occasione che i poveri decidono di entrare e, rimanendo abbagliati e folgorati dalle abbondanze e dalle ricchezze, la loro “permanenza” degenera in una vera e propria orgia di cibo, sesso e alcool.
Quando, però, i proprietari della villa rientrano prima del previsto rimangono scioccati di fronte al caos che regna indisturbato…
Un film che, considerati gli anni in cui è uscito e considerate le tematiche trattate, è stato censurato e bloccato fino alla morta di Franco. Al centro di uno scandalo internazionale, il film fu subito attaccato e proibito dal regime franchista.
Dal punto di vista tecnico e strutturale si può notare immediatamente come il film sia in generale diviso in due, non in due parti o in due capitoli, ma in due opposti continui fin dalla prima scena che mostra il dialogo tra Viridiana e la Madre Superiora che la invita ad andare per un’ultima volta a trovare lo zio, ricco possidente terriero, in contrapposizione con l’arrivo della protagonista nella tenuta del parente. La macchina da presa gioca con i personaggi, mostrandoceli in maniera diversa anche per evidenziarne l’importanza e le relazioni. Da una parte ci sono le due suore che camminano inquadrate in primo piano, ma dall’altra ci sono Viridiana e lo zio che camminano, ma dei quali vediamo prima solo i piedi per poi arrivare ai volti. Questo sembrerebbe farci capire che c’è una netta contrapposizione tra la giovane e Don Jaime, destinati a contrapporsi continuamente. In realtà ciò non avviene poiché quello che sembra a tutti gli effetti l’antagonista sparisce dalla scena improvvisamente a metà del film.
Questo permette a Buñuel di ricominciare da capo e ripartire quasi da zero con la storia. Quasi da zero perché ci sono comunque degli evidenti richiami alla prima parte. La prima scena della “nuova” parte richiama la prima: all’inizio eravamo nel chiostro delle Sorelle, adesso in una piazza nella quale ci sono i poveri delle vicinanze per i quali Viridiana sembra avere un occhio di riguardo. L’idea della giovane è quella di ospitare queste persone per far condurre loro una vita quantomeno dignitosa, ma deve fare i conti con le volontà del defunto ex padrone di casa che ha lasciato il tutto in eredità anche al figlio Jorge, un giovane al quale interessano solo i terreni da rendere produttivi insieme alla possibilità di introdurre l’elettricità nella dimora dell’elettricità conferendole così uno sprazzo di modernità, nonostante gli elementi della storia non ci facciano ben comprendere in che
epoca siamo. È chiaro che la volontà di Jorge non può coesistere con quella di Viridiana, ma, in qualche modo, questo avverrà comunque nel momento in cui i due lasciano la dimora.
Ed è proprio in seguito a quel momento di apparente libertà che si condensa il cinema di Buñuel. Con un neanche troppo velato richiamo alla celebre Ultima Cena di Leonardo, il regista dà vita a una sequenza destinata a riassumere l’intera sua volontà più che tutto il resto del film. L’insieme di tutti quelli che sono i temi cari al regista, mescolati a una critica alla società di quel momento e a uno stile più che unico, rendono il film un tesoro quasi inestimabile.
Se l’opera artistica di Leonardo è un chiaro riferimento, il film di Buñuel è in realtà impregnato anche di un altro richiamo, più velato, ma più cinematograficamente rilevante: Alfred Hitchcock. Non solo l’idea di far scomparire uno dei due protagonisti (o meglio l’antagonista, almeno apparente) a metà del film, come accade in maniera magistrale ed epica in “Psycho”, ma anche la struttura del doppio che permea l’intera narrazione.
All’inizio a contrapporsi a Viridiana c’è lo zio, poi, da metà film (o meglio dal nuovo inizio) il personaggio viene praticamente sostituito dal figlio, più giovane e più alla portata della protagonista. Si può pensare, a ragione, che ci sia lo zampino di Don Jaime nell’aver fatto incontrare e corrispondere i due, ma è più accettabile dal pubblico un eventuale legame tra Viridiana e Jorge rispetto a quella che poteva nascere e svilupparsi con il parente più anziano. Anche se i due sono agli antipodi in tutto, il destino li metterà di fronte in più occasioni e permetterà loro di non fermarsi alle apparenze, ma di scavare a fondo.
Sempre nel discorso del dualismo a sfidarsi sono anche due mondi contrapposti con le proprie regole, le proprie idee e le proprie convinzioni: da una parte c’è il mondo contadino, più povero e più concreto, disposto a scendere a patti pur di ottenere qualche minimo privilegio; dall’altra c’è il mondo religioso verso il quale sembra essere orientata la protagonista, più per costrizione che per convinzione, fermo e rigido sui propri concetti immutabili. Un film, “Viridiana”, che, come detto, condensa la poetica, il cinema e l’essenza di un autore come Buñuel, innovativo e sovversivo, continuamente e costantemente “in lotta”, ma con la convinzione di poter mostrare, attraverso il cinema, una verità quasi assoluta.Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI. (Analisi critica del film “Viridiana” di Luis Buñuel a cura di Veronica Ranocchi)
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