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Spencer Recensione Locandina

degli austeri protocolli reali, la Principessa del Galles vive tre giorni di intensa agonia e riflessione, in un eterno soliloquio con sé stessa, vagabondando nei meandri della propria mente, in cerca di una via d’uscita dall’esistenza opprimente in cui è soffocata. Prima Neruda, poi Jackie e ora Spencer. Pablo Larraìn consegna al cinema il terzo ritratto immaginifico/semibiografico della sua carriera, entrando di diritto nell’ormai abusato universo filmico della famiglia reale più amata e odiata dai media. Dopo film come The Queen (2007) e Diana – La storia segreta di Lady D (2013) e serie come The Crown, che più o meno tentano di ricostruire la realtà storica dei fatti, prendendosi comunque delle libertà artistiche, si può solo tentare l’innovazione e ipotizzare fantasticamente una favola immaginaria tratta da una tragedia vera, come si legge dall’incipit del film, la tragedia di una donna e di una madre contro un sistema rigido e alle prese con un matrimonio dispotico e ormai al tramonto. La magia del cinema ci insegna che quando la realtà non ci soddisfa, se ne può inventare una a nostro piacimento e in questo film, come è stato per Jackie, l’immaginazione diventa il pretesto per offrire il ritratto inedito di una celebre donna alle strette, nel caso di Diana, desiderosa solo di cose semplici, di cose vere. Bisogno d’amore, bisogno di essere scioccati dalla vita, non ripiegarsi su di essa. Vivere, non lasciarsi vivere. In questo girovagare per Sandringham, Diana affronta i suoi disturbi, i suoi umori, sia in maniera fisica che mentale e il regista non ci risparmia niente del suo dolore. La Stewart, candidata all’oscar, si mette alla prova in ruolo complesso e di non facile realizzazione. Forse è un esperimento riuscito a metà, forse non tutti lo gradiranno, ma il talento visivo e paesaggistico di Larraìn è inconfutabile e la rappresentazione dei personaggi è azzeccata. Per quasi due ore esiste solo Diana, circondata da visioni e fantasmi irrazionali, in un tunnel buio e impenetrabile dove però, a poco a poco, emerge la luce della libertà e della speranza. Se una pecca esiste è solo quella di aver sfruttato, con una storia “possibilmente reale”, un soggetto spremuto al massimo; ma, come già detto, il cinema serve anche a questo. (La recensione del film “Spencer” è di Tommaso Di Pierro)