“Big Fish” Recensione. Edward Bloom, da giovane, spinto dal suo spirito avventuriero, ha intrapreso un viaggio fantastico che lo ha portato dal suo paesino in Alabama verso mondi incredibili. Ora Edward è vecchio e tutti lo conoscono come narratore di storie
fantastiche e assurde che però ascoltano con attenzione e meraviglia. Tutti tranne suo figlio William, che si è allontanato dalla famiglia e soprattutto da suo padre. Sandra, la moglie di Edward, ha deciso che è tempo per padre e figlio di riallacciare i rapporti perduti, ma non è facile, anche perché William deve fare i conti con le gesta eroiche del padre così come con le sue grandi debolezze…
Idea Centrale
“Big Fish” è il film che segna il ritorno di Tim Burton (dopo l’intermezzo oltremodo disapprovato di “Planet of the apes”) alle tematiche personali della diversità e dell’alienazione da una realtà fenomenica, di cui realizza una nuova apologia.
Recensione
Vedere la propria morte. C’è un’immagine che si fissa sulla retina di Edward quando è ancora bambino, un’immagine che non si vede ma che muove questo lungo e immenso percorso senza fine. Burton spinge Big Fish alla ricerca della materializzazione di questa immagine, ma per farlo condensa tutto il cuore del suo cinema ritrovando quel lacerante respiro nostalgico dell’America degli anni ’50 (…) attraverso le musiche di Elfman e i cromatismi accesi della fotografia di Philippe Rousselot, materializza in maniera straordinaria quelle forme di decadentismo fantastico in cui c’è una potenza illusionistica che ripercorre gli esperimenti delle origini del cinema di Méliès ma anche quell’acceso sperimentalismo degli esordi di Burton da Frankenweenie a Pee Wee’s Big Adventure in cui, nei movimenti, sembrano essere presenti quelle accelerazioni improvvise proprie del cinema d’animazione. Ci sono case e luoghi abbandonati che riprendono vita (Beetlejuice), streghe, gemelle siamesi coreane, direttori di circo (un grande Danny De Vito), giganti, immersi sempre in quella dimensione dark da cui, rispetto al passato, fuoriescono alla ricerca di una luce più accesa. Ma soprattutto c’è la presenza di spazi sterminati (le foreste), popolati da alberi minacciosi, ragni volanti, corvi aggressivi e soprattutto dell’acqua, vero elemento ricorrente del film, da cui prendono origine i personaggi (l’acqua come forma di nascita) e soprattutto la storia. All’inizio di tutto infatti c’è infatti la storia di un pesce gigante, raccontata spesso da Edward ormai anziano (Albert Finney) in vari momenti dell’esistenza del figlio (Billy Cudrup). Quindi ancora una volta Big Fish (…) come ritorno ossessivo del rapporto tra padre e figlio con quest’ultimo in fuga dalle storie e dal mito del primo. Tutto il contrario di ciò che avviene in altre opere di Burton dove il figlio è legato al suo padre creatore (Edward nei confronti dell’inventore Vincent Price in Edward mani di forbici) o lo cerca in un’altra figura (Ed Wood/Johnny Depp in Bela Lugosi/Martin Landau in Ed Wood). In queste fasi, Big Fish scivola gradualmente verso le forme di un melodramma domestico, dove i colori di Rousselot sembrano gli stessi di Metty nei film di Douglas Sirk, dove quella scissione iniziale tra realtà e immaginazione tende progressivamente a diventare sempre meno netta fono a confondere le due componenti. Ci sono storie di vita e seduzioni laceranti dentro questo percorso dai toni epici ma anche di un’umanità sconvolgente, c’è tutto il pudore e l’amore di Burton verso i propri personaggi e verso un cinema che esalta anche il clima degli spazi che inquadra, in cui da una parte si guarda verso il Fellini più estremo, ma dall’altra anche nelle zone del Lynch più mélo (Elephant Man). Big Fish rinnova e potenzia il cinema di Burton in maniera decisiva. Dentro quel percorso di Edward giovane, c’è quell’aspirazione alla grandiosità sia scenica, dove il set non sembra avere più limiti, sia a livello di gigantismo corporeo (lo stesso Edward che da piccolo cresce troppo in fretta), sia a livello narrativo, dove le storie raccontate sono tutte troppo grandi, popolate da personaggi “troppo grandi” rispetto alla realtà. Big Fish è per Tim Burton quello che è stato Forrest Gump per Zemeckis: una sfida continua di un personaggio che rompe ogni barriera spaziale e temporale (…). Resta una carica emozionale tenuta sempre su livelli altissimi, come in quel piano-sequenza del finale sul funerale di Edward. Film di nascita e di morte, Big Fish, anche se si ha l’impressione che questi personaggi restino eterni perché immortalati nelle storie che li ha resi protagonisti, perché si ha l’impressione che si possano ancora reincarnare in altri corpi o in altre forme di vita o ancora in un cinema tra i più riconoscibili del cinema statunitense degli ultimi vent’anni. Dopo la morte, ancora la nascita. All’inizio c’era un pesce…
Note e Curiosità
La colonna sonora di Big Fish fu composta dal regolare collaboratore di Burton, Danny Elfman. Si ebbe anche il contributo del cantante dei Pearl Jam Eddie Vedder con la canzone intitolata Man of the Hour, composta dopo la visione del film. Grande l’inserimento della memorabile Let’s Work Together dei Canned Heat. (La recensione di “Big Fish” di Tim Burton è tratta da “Sentieri Selvaggi” – autore Simone Emiliani)
Il Film “Big Fish” di Tim Burton è disponibile in Streaming su
LA SCHEDA DEL FILM “BIG FISH” (Big Fish)
Regista: Tim Burton – Cast: Ewan McGregor, Albert Finney, Billy Crudup, Jessica Lange, Helena Bonham Carter, Alison Lohman, Robert Guillaume, Marion Cotillard, Matthew McGrory, Danny DeVito, Steve Buscemi, David Denman, Missi Pyle, Loudon Wainwright III, Ada Tai, Arlene Tai, Deep Roy, Perry Walston, Hailey Anne Nelson, Grayson Stone – Fotografia: Philippe Rousselot – Sceneggiatura: John August – Musiche: Danny Elfman – Genere: Drammatico – Anno: 2003 – Paese: USA – Durata: 2h 5 min. – Distribuzione: Columbia Tristar – Data di uscita: 27 febbraio 2004 (Italia)
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