Il potere di un neonato smuove le montagne, compatta le famiglie, rende l’uomo buono e infine è un magnete di affetti e umanità. Hirokazu Kore’eda torna a Cannes, quattro anni dopo la Palma d’oro di “Un affare di famiglia” con una storia di abbandoni e ritrovamenti. Il regista giapponese, cantore della famiglia
e dei rapporti umani, ha presentato sulla Croisette “Broker”, road movie pieno di poesia in concorso in questa 75esima edizione del Festival di Cannes che si chiude sabato.
Il regista giapponese, in trasferta in Corea per la seconda volta dopo “La verità”, mette al centro della storia una sorta di famiglia allargata che si ritrova a vendere uno dei tanti bambini abbandonati nelle cosiddette Baby Box. Ora il bambino è davvero molto bello, ma i primi acquirenti fanno subito difficoltà. Dicono che le foto che li hanno spinti a comprarlo erano truccate, che gli occhi sono più piccoli di quelli immortalati. Insomma le cose non partono bene per l’eterogenea banda.
Ma il neonato, nonostante non parli e necessiti solo di latte e qualche coccola prima di dormire, influenza tutti quelli che lo circondano. In questa famiglia allargata, capitanata dal mattatore Sang-yeon (Song Kang-ho, il Mr Kim di “Parasite”), c’è anche la madre del bambino, una donna in fuga che ha bisogno di denaro. E dietro di lei c’è pure sulle sue tracce una poliziotta molto ben determinata.
“Broker è una storia sulle scatole per neonati. Volevo rappresentare il viaggio di un gruppo di persone, alcune con buone intenzioni e altre più maliziose, alle prese con un bambino lasciato in una baby-box”, ha spiegato Kore’eda parlando del suo film come sempre legato alla famiglia in tutte le sue sfaccettature.
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