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Dark Matter Recensione Poster

Dark Matter. Sua moglie gli sta accanto paziente senza troppo fargli pesare il vuoto che sta creando nel processo di crescita di loro figlio, Thomas, Giulio Cecchettini. Infatti, è proprio il nonno, padre di Antonio, niente di meno che Orso Maria Guerrini, a farne le veci, accompagnando il giovane Thomas a pescare, a passeggiare, passando semplicemente del tempo con lui. Nonno e nipote sono molto legati, più di quanto non lo sia Thomas con il padre e Antonio con il suo. Quando il nonno improvvisamente muore a Thomas viene impedito di vederlo e durante il suo funerale decide di seguire una giovane donna, Elena, Angelique Cavallari, ambigua e inquietante, che riesce a risollevare l’animo triste e malinconico del ragazzo fino a portarlo fino a casa sua, una cascina in muratura, dispersa nella campagna dove, ad aspettarli, c’è suo padre. L’operazione di Odoardi è fin da subito chiara, la Dark Matter di cui Antonio si occupa è molto più tangibile e visibile della materia umana, specie se giovane come Thomas. Dark Matter, insomma, diventa la vicenda oscura di padri e figli dispersi nel buio dell’egoismo, dell’indifferenza, distanti come i puntini anonimi nello spazio che Antonio cerca di decifrare. Quello che deve affrontare Antonio è il più grande e complesso caso dell’esperienza umana: è padre di un figlio che non ha mai cercato di capire, è figlio di un padre che non ha mai compreso. Ma sono figli anche Thomas e la giovane Elena, di padri vicini e distanti, autorevoli e autoritari. Sono figli oscurati dalla Dark Matter paterna, da padri, cioè, che non riescono nel loro ruolo educativo e affettivo fino all’estremo della violenza e dell’abuso come quello di Elena. Il clima lunare del film, freddo e glaciale, si riversa su una recitazione che fatica a far risultare empatici i protagonisti anzi, li tiene lontani dalle emozioni possibili degli spettatori. Soprattutto Thomas che rischia di divenire una macchietta destrutturata di senso perché la scarsa preparazione e forse, anche la debole regia, non gli permette nessuno scarto emotivo, nessuna vera trasformazione, nessuno sguardo in macchina che lo renda davvero “vero”. Il film di Stefano Odoardi non raggiunge la luna, e neppure sfiora l’atmosfera. Resta piuttosto oscurato nell’inchiostro della carta sulla quale è stata scritta la sceneggiatura dello stesso Odoardi con Sytske Kok. Tant’è che a far quasi “rabbrividire” sono le scontate parole di Antonio alla sua conferenza, sul mistero in cui è avvolto l’uomo, e, non di meno, la poca profondità con la quale tratta il rapporto tra Elena-vittima e il padre-carnefice. Per questo, Dark Matter cade nel vuoto. (La recensione del film “Dark Matter” è di Rita Ricucci)