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Deadpool & Wolverine Recensione Poster

Wolverine, diretto da Shawn Levy che riunisce qua due dei suoi attori prediletti, già diretti uno in Real Steel e l’altro in Free Guy (a proposito: mica male la filmografia di Levy, se la si guarda scevra da pregiudizi su quelle che all’apparenza potrebbero sembrare solo delle “altre stupide commedie americane”), è una continua sorpresa, un continuo colpo di scena, un fuoco incrociato di citazioni, di allusioni, di riferimenti, di rimandi auto ed extra referenziali in grado di mandare in cortocircuito qualsiasi sistema (cerebrale, nel caso di noi spettatori). Può succedere di tutto e succede infatti di tutto e tutto è inaspettato, per quanto atteso. Ci limitiamo a dire che il campo da gioco privilegiato continua, come nelle puntate precedenti, ad essere quello metacinematografico che qui però esplode come mai accaduto prima se si conta l’aggiungersi per accumulo dei viaggi nel tempo, del multiverso, di Wolverine/Logan, di Hugh Jackman, dei primi X-Men targati 20th Century Fox (all’epoca non esistevano ancora i Marvel Studio e i diritti degli X-Men, come quelli dei Fantastici 4, furono acquistati dalla Twenty; solo ora è stato annunciato il nuovo film dei Fantastic Four finalmente dentro il MCU) e più in generale del periodo pionieristico, preistoria ormai, dei film di supereroi proto-avvento degli Avengers, con Deadpool che si aggira da un universo all’altro sempre più sboccato e logorroico, sempre più intenzionato a non far caso alla quarta parete, sempre più voce della coscienza dei produttori di cinecomics che se ne servono per fare autocritica, per auto assolversi, per fare i paraculi e mettere le mani avanti, per ammettere e confessarsi in una grande seduta psicanalitica di gruppo a cui tutti, con estremo fair play, sembrano partecipare divertiti. Progetti abortiti e flop clamorosi, interpreti falliti e interpretazioni fallimentari, bocciature e sostituzioni mai e mal digeriti, la spada di Damocle del reboot, onte umilianti, macchie ignominiose in carriere specchiate, diventano grazie a Deadpool occasioni di redenzione e purificazione, come uno smacchiatore di reputazioni, chi passa attraverso Deadpool ne esce ripulito e rinato, senza più un passato imbarazzante di cui vergognarsi. E com’è nelle corde, già evidenziate, di Shawn Levy, tra infiniti scherzi e infinti lazzi, tra battute demenziali e finto cattivo gusto, tra provocazioni sacrileghe e derive scatologiche tutt’altro che abborracciate, Deadpool & Wolverine, giocando (facile) la carta della nostalgia, riesce anche a dire qualcosa di intelligente e toccante sui sentimenti e sui rapporti umani, sui rimpianti per certe perdite e sul senso di sacrificio che dà un senso alle cose. Gran finale sui titoli di coda con i fuori onda dei vecchi X-Men (roba che una volta si trovava nei contenuti extra dei dvd), sulle note di Time of your life dei Green Day.  (La recensione del film “Deadpool & Wolverine” è a cura di Mirko Nottoli)