Vincitore del Premio per la migliore regia all’ultimo Festival di Cannes e designato portoghese per la corsa all’Oscar, arriva nelle sale dal 5 dicembre, distribuito da Lucky Red, GRAND TOUR, il nuovo film di uno degli autori più originali del cinema contemporaneo, Miguel Gomes. Il film, una grande coproduzione europea tra Portogallo, Italia (Vivo film) e Francia, dopo l’anteprima mondiale sulla Croisette ha conquistato i festival di tutto il mondo, da Londra a New York, da Chicago (dove ha vinto i riconoscimenti per regia e montaggio) a Karlovy Vary, da Vienna a Taipei, da Busan a Marrakech a Melbourne: un autentico “grand tour”, è il caso di dirlo, pronto a fare tappa anche in Italia, dove Gomes è atteso per incontrare il pubblico in occasione dell’uscita del film (i dettagli sulle presentazioni e l’attività stampa sono in via di definizione e saranno comunicate al più presto).
SINOSSI
Rangoon, Birmania, 1918. Edward, un funzionario dell’Impero britannico, fugge dalla fidanzata Molly il giorno del suo arrivo per il loro matrimonio. Durante il viaggio, però, il panico si trasforma in malinconia. Contemplando il vuoto della sua esistenza, il codardo Edward si chiede che fine abbia fatto Molly… Nel frattempo Molly, decisa a sposarsi e stranamente divertita dalla fuga di Edward, segue le tracce del fidanzato in un lungo grand tour asiatico.
NOTE DI REGIA
Questo film ha iniziato a prendere forma poco prima del mio matrimonio. Stavo leggendo un racconto di viaggio di Somerset Maugham intitolato Il signore in salotto. In due pagine del libro, Maugham narra il suo incontro con un inglese residente in Birmania. L’uomo era scappato dalla sua fidanzata attraverso l’Asia finché lei non l’aveva trovato, dando così inizio a un matrimonio felice. È una storia che gioca su stereotipi universali: la testardaggine delle donne che trionfa sulla codardia degli uomini.
Il percorso del futuro sposo seguiva l’itinerario del grand tour. All’inizio del XX secolo, si definiva “grand tour asiatico” il viaggio che iniziava in una delle grandi città dell’Impero britannico in India e si estendeva fino all’Estremo Oriente, terminando in Cina o in Giappone. Tanti viaggiatori europei lo intrapresero, e molti di loro scrissero libri sulla loro esperienza.
Partendo dall’idea generale di un fidanzato in fuga che percorre l’itinerario del grand tour, abbiamo deciso che avremmo scritto la sceneggiatura solo dopo averlo intrapreso anche noi. Abbiamo filmato il nostro viaggio nel 2020, creando così un archivio visivo e sonoro. A partire da questo resoconto audiovisivo della realtà, abbiamo poi scritto la sceneggiatura. Diversamente da quanto accade di solito nei film che lavorano con l’archivio, le immagini che abbiamo utilizzato non appartengono al passato, bensì al presente. Il resto del film, invece, girato nei teatri di posa di Lisbona e Roma, è ambientato nel passato, nel 1918.
I due protagonisti del film percorrono un territorio così vasto per ragioni complementari: Edward fugge dalla sua fidanzata Molly, mentre Molly insegue il suo fidanzato Edward. Lui vuole evitare, o perlomeno rinviare, il loro matrimonio; lei, invece, è determinata a sposarlo. Le avventure che nascono dagli spostamenti di Edward e Molly sono, in sostanza, il motore narrativo del film e sono frutto delle interazioni virtuali tra i due: una sinfonia di incontri mancati provocati dalla casuale intromissione degli altri e del mondo.
Come nelle screwball comedies degli anni ’30 e ’40, la donna è una cacciatrice mentre l’uomo è la sua preda. Ma in Grand Tour i due protagonisti sono separati sia nello spazio che nel tempo e il cambio di prospettiva dal personaggio maschile a quello femminili trasforma la commedia in melodramma.
Ci sono vari grand tour in questo film. C’è il percorso geografico che si disegna nelle immagini dell’Asia contemporanea e che corrisponde all’itinerario percorso dai protagonisti in un’Asia immaginaria costruita in studio. C’è il grand tour emotivo che Edward e Molly vivono ognuno a modo proprio e che rappresenta un territorio non meno vasto di quello che percorrono fisicamente. E soprattutto, c’è l’immenso grand tour che unisce ciò che è separato: i paesi, i generi, i tempi, la realtà e l’immaginazione, il mondo e il cinema. Ed è proprio quest’ultimo grand tour in cui vorrei invitare gli spettatori. È a questo che serve il cinema, credo.
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