Il film del 1953 diretto da Kenji Mizoguchi è uno dei più celebrati film di questo autore tanto da essere annoverato tra i capolavori del cinema giapponese. “I racconti della luna pallida d’agosto” è ambientato nel Giappone del sedicesimo secolo ed è ispirato ai due racconti “La casa fra gli sterpi” e “La lubricità del serpente” di Ueda Akinari, all’interno della raccolta “Racconti di pioggia e di luna”.
Un dramma in bianco e nero di circa un’ora e mezzo che vanta un palmares di tutto rispetto, come il Leone d’argento al Festival di Venezia nel 1953 e anche una nomination agli Oscar per i migliori costumi nel 1956.
Mettendo insieme due racconti, il film di Mizoguchi riesce a trattare numerosi temi, alcuni più vicini e strettamente connessi alla realtà giapponese, altri, invece, più universali.
Siamo nel Giappone del XVI secolo e i protagonisti della vicenda sono il vasaio Genjuro, il cognato Tobeii e le mogli Miyagi e Ohama che vendono le ceramiche nella vicina città di Nagahama. Tobei sogna, però, di diventare samurai e, per questo, si dedica al lavoro per poter ottenere i soldi necessari ad acquistare armatura e lancia. Tutto cambia quando una notte i protagonisti sono costretti a scappare a causa di un saccheggio. Tornati alla fornace notano che, fortunatamente, i vasi che stavano preparando sono intatti e pronti a essere venduti. Decidono, quindi, di imbarcarsi nella città vicina di Takashima, che ha un mercato ancora più grande, per vendere i propri prodotti. Nonostante i pirati che potrebbero creare problemi e pericoli, le due coppie insieme a Genichi, figlio di Genjuro, si imbarcano. Miyagi e il figlio, però, fanno ritorno al proprio villaggio per continuare a lavorare, mentre gli altri tre continuano la traversata.
Una volta arrivati in città i prodotti vanno a ruba e Tobei riesce a comprare armatura e lancia sfruttando la distrazione della moglie. Nel frattempo Genjuro è avvicinato da una giovane donna, il fantasma di una principessa che lo ammalia e lo seduce facendogli dimenticare, solo temporaneamente, della propria famiglia.
Da qui si sviluppa una storia tutt’altro che semplice che pone al centro tanti aspetti, più o meno attuali.
Un film, “I racconti della luna pallida d’agosto”, che, come dice il regista stesso, si svolge come un rotolo di dipinti. Un’idea che si può riscontrare nel movimento circolare del film, dalla prima all’ultima sequenza.
Se poi si passa ad analizzare le tematiche il discorso è molto più ampio. Dai sogni bizzarri e infantili che ogni uomo del piccolo villaggio di campagna culla alle relazioni umane, uno dei perni centrali della narrazione.
Ma il focus principale, come anche in altri film dello stesso regista, è quello della figura femminile, simbolo di luce, vita e sinonimo del focolare domestico. Nonostante i due protagonisti maschili, sono le donne le vere eroine, pronte a rinunciare a loro stesse, ai loro interessi per sopravvivere. E la dimostrazione di tutto questo è il fantasma della principessa che, ancor più risoluta da morta, attira l’uomo, l’interesse, la luce. Un fantasma che è, però, lontano dall’idea, dall’ideale e dalla rappresentazione del fantasma occidentale: questo è, invece, un essere sovrumano in cui è ben presente la necessità di agire. Una necessità che ha sconfitto il vincolo che la legava indissolubilmente alla terra. Quindi si tratta, fondamentalmente, di una proiezione, di un’illusione, della rappresentazione del desiderio nascosto dell’uomo: una donna che lo aspetta a casa, in adorazione, a completa e totale disposizione e che possa incarnare qualsiasi tipo di piacere.
Ma quella che è la rappresentazione femminile, sia essa attraverso le figure reali sia attraverso i fantasmi o le incarnazioni dei desideri, in realtà serve per far riflettere sulla condizione umana in generale e sui rapporti umani e sociali.
Da sottolineare, inoltre, l’ottima commistione di realismo e finzione. Se nella prima parte del film ciò che vediamo appare intriso di drammaticità e realismo, la seconda parte si trasforma in qualcosa di diverso. Contrastano, quindi, una prima parte reale e una seconda parte onirica, quasi fiabesca, che si interseca, però, alla perfezione con la prima andando a chiudere i tasselli rimasti aperti e forse, in parte, incomprensibili in assenza di un elemento soprannaturale.
“I racconti della luna pallida d’agosto” è un film che fa riflettere ed emozionare, un film che mescola e amalgama alla perfezione elementi apparentemente agli antipodi, ma che danno vita a colpi di scena ben congegnati, dove niente è lasciato al caso. E se si pensa che Mizoguchi riesce nell’intento di trasformare un semplice vasaio in un vero e proprio eroe del popolo viene da sorridere perché si evidenzia ancora di più la grandezza di un maestro del cinema, pronto a mettersi in gioco e mettere tanti elementi tipici del suo cinema costantemente in discussione.
Anche perché il film può avere, e di fatto ha, una doppia chiave di lettura: da una parte quella morale e dall’altra quella allegorica. Se si può presumere di dare una morale, come accade nelle favole, alle azioni compiute dai vari personaggi, allo stesso tempo ci sono significati nascosti che si possono rintracciare in determinate scelte stilistiche, registiche, strutturali.
A essere, invece, più evidente agli occhi dello spettatore è sicuramente la rappresentazione del Giappone nel quale viveva il regista, con tanti elementi che, seppur portati agli estremi, si riscontrano nel quotidiano.
Perché l’inserimento dell’elemento onirico può far sognare e trasporre sullo schermo i desideri, può far vivere una parentesi di speranza, ma è in realtà spietato e crudele perché, alla fine dei conti, tutto è destinato inesorabilmente e inevitabilmente a finire e tornare alla normalità e alla dura quotidianità.
Ed è disarmante la visione che Mizoguchi offre della vita in quello che, già dal titolo, avrebbe potuto offrire un riparo dagli affanni del quotidiano, permettendo a chiunque di evadere, anche solo per un’ora e mezzo. Un film, però, che ha fatto inevitabilmente la storia. Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI. (Analisi critica del film “I racconti della luna pallida d’agosto” di Kenji Mizoguchi a cura di Veronica Ranocchi)
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