Ennesimo grande titolo della cinematografia di Charlie Chaplin, “La febbre dell’oro” va a inserirsi nella lista dei film da non perdere. Si tratta della prima delle sue pellicole mute che il regista e attore rivisitò per adeguarla al nuovo pubblico
del sonoro. La prima volta fu proiettato nel 1925, ma nella riedizione del 1942 fu aggiunta una traccia orchestrale proprio per il pubblico che voleva mettere da parte il cinema muto e vennero anche sostituiti gli intertitoli con un commento sonoro con la voce di Chaplin stesso, tagliando didascalie e finale della versione precedente. Protagonista della vicenda Charlot, un cercatore d’oro solitario che affronta i rischi e i pericoli del Klondike per trovare la ricchezza. La storia, ambientata nell’Alaska del 1898, inizia con una serie di cercatori d’oro che si inerpicano verso la cima di un colle. Tra questi Charlot, inseguito da un orso, si rifugia nella capanna di un crudele bandito, Black Larsen, in compagnia di un altro cercatore, Big Jim. Larsen esce in cerca di cibo, ma è arrestato dalla polizia e, nel frattempo, Charlot e Big Jim inizia a cibarsi di qualsiasi cosa a loro disposizione, non solo cose commestibili. Arrivano addirittura a dubitare di loro stessi a causa della fame, pensando di essersi trasformati in cibo, e provano ad azzannarsi. Charlot riesce a uscire dalla capanna e si reca in un vicino saloon nel quale si imbatte nella bella chanteuse Georgia che lo sceglie per far ingelosire il suo spasimante. Pensando di aver fatto veramente breccia nel cuore della giovane, Charlot pensa che la ragazza accetti il suo invito per trascorrere insieme il Capodanno, ma si ritrova ad aspettarla invano finché non riceve un messaggio che lo invita ad andare a cercarla all’interno del saloon. Lì, però, troverà un’altra sorpresa: Big Jim che aveva perso la memoria è riuscito improvvisamente a recuperarla e, insieme a lei, anche una miniera d’oro. Ma le (dis)avventure non finiranno qui. Il film, realizzato dopo l’insuccesso commerciale de “La donna di Parigi”, diventa immediatamente un grande successo di critica e pubblica, mostrando sullo schermo uno Charlot adulto in grado di esprimere una complessa allegoria del mondo e una vasta epopea dell’umano. “La febbre dell’oro” è, infatti, la commistione di tragico e comico, in quanto complementi di un unico teatro: quello della vita e del quotidiano. Anche perché, come spesso è accaduto nei suoi precedenti lavori, Charlie Chaplin ha fatto sì che la sua vita privata interferisse con la storia che voleva mostrare sullo schermo: l’attrice scelta per il ruolo femminile, Lita Grey, rimase incinta e venne sostituita da un’altra, Georgia Hale. Tornando al film e al personaggio principale si nota un evidente cambiamento con quello che Chaplin aveva portato sullo schermo fino a quel momento. Lo Charlot aggressivo e scatenato dei titoli precedenti qui si accontenta di reagire per difendersi, sogna ma non si illude e si limita ad aspettare che il sogno si trasformi in realtà per qualche gioco o scherzo del destino. Un film che, oltre alle tematiche e al modo di affrontarle, è ancora oggi un’opera moderna con scene destinate a rimanere impresse nella mente del pubblico. Una pellicola che prende spunto da un avvenimento storico della storia americana: la famigerata e leggendaria corsa all’oro nel Klondike da parte di migliaia di cercatori d’oro pronti a tutto per trovare fortuna e Charlot, in questa ricerca spasmodica, è uno di loro. Attratto anche lui dal miraggio del guadagno facile si avventura in cerca dell’agognato oro. Come detto il film fonde alla perfezione e con il giusto equilibrio dramma e commedia. Tutto ruota intorno al personaggio interpretato da Charlie Chaplin che, in qualità di regista, autore, montatore e attore, fa convergere tutto intorno a lui arrivando anche a fare delle sperimentazioni.
Non mancano naturalmente, come nella migliore delle tradizioni, le gag, gli equivoci e le situazioni comiche, ma esse sono in perfetto equilibrio con le scene più serie e più drammatiche. A queste si aggiunge anche la componente più romantica, quasi sempre presente nei film di Chaplin, con Charlot che, in questo caso, si innamora della soubrette Giorgia. Nonostante ciò la comicità portata sullo schermo dal grande autore ha sempre una nota di tristezza ed è una lente di ingrandimento sulla situazione sociale dell’epoca che, con molta probabilità, permette, a questo film e agli altri dello stesso regista e attore, di essere ancora attuale e apprezzabile anche alle nuove generazioni. “La febbre dell’oro” è, quindi, un film animato da una volontà di riscatto messa in moto dalla tendenza del protagonista a utilizzare un espediente, sia esso l’intelligenza, la furbizia, la genialità o la comicità, per sopravvivere. Non si scopre certo con questo ennesimo lavoro la bravura e la genialità di Charlie Chaplin, ma sicuramente “La febbre dell’oro” ne è l’ennesima dimostrazione. Un film che, nonostante la “veneranda età” è ancora molto attuale, moderno e apprezzabile. Da vedere e rivedere. Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI. (Analisi critica a cura di Veronica Ranocchi)
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