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La terra promessa Recensione Poster

intreccia in un racconto biografico-esistenziale del protagonista, Ludvig von Kahlen. Tratto dal romanzo della scrittrice danese Ida Jessen, che collabora anche alla sceneggiatura, La terra promessa (Bastarden) riflette la storia vera di un capitano, alla fine del XVIII secolo, che accetta la sfida lanciata dal Re di Danimarca di ritirarsi nella brughiera dello Jutland per coltivarla e farla diventare una florida piantagione di patate, “la casa del re”.  La terra che Ludvig, “un soldato arrogante e pieno di pulci”, si ritrova ad abitare non è distante dalla sua personalità: la terra brulla e impraticabile rendono la forma impenetrabile e imperscrutabile dello stesso padrone. A stargli vicino, con la pazienza di un uomo di Dio, è il pastore Anton che gli offre due braccianti, Johannes e Ann Barbara, scampati alla violenza del latifondista Frederik De Schinkel.  In Danimarca con i colori del lontano Far West, Ludvig diventa un pioniere e cercatore d’oro. Le panoramiche di Arcel sono quadri ispirati al romanticismo tedesco, dove lo sguardo di Ludvig raggiunge la bellezza di un componimento onirico mentre è la figura femminile, quella di Ann Barbara, la splendida Amanda Collin, a prendere la forma della forza: giustiziera, spietata e passionale. Mentre Ludvig lavora la campagna arida per raggiungere un riscatto sociale, Ann Barbara resta fedele alla sua sete di giustizia e di pace. Invece, la follia satanica di Frederik si veste delle torture inflitte a Johannes, arso dall’acqua bollente mentre la sua smania di potere colpisce il capitano attraverso l’inganno. Seguendo un ritmo ostinato quanto ritmato, Nikolaj Arcel configura il protagonista, scelto abilmente in un volto, quello dello straordinario Mads Mikkelsen, come un terreno da bonificare, con i solchi scavati e gli occhi come buchi pronti a contenere il seme della vita.  La resa di Arcel vince proprio con il protagonista, Ludvig, dipinto come un uomo rude, un “bastardo” perché nato dalla violenza di un nobile su una serva, sua madre, e costruisce, per questo, una regia “bassa”, una regia che parte dal basso della terra, con primissimi piani su un terreno che sembra nascondere la durezza della vita del capitano. Con la terra tra le mani, Ludvig esprime tutta la sua maniacale arroganza di arrivare dove nessuno avrebbe osato immaginare. I colpi di vanga che infligge al terreno sono i colpi rivolti a una nobiltà prepotente, perfida e folle, proprio come Frederik. L’arrivo della ragazzina-meticcia, Anmai Mus, sulla quale grava la superstizione della sfortuna e della morte, è un ulteriore segno di imbastardimento della realtà che sprona il capitano protagonista a scegliere tra la pietà e la compassione e il proprio orgoglio. Così Arcel e Ida Jessen disegnano il quadro perfetto dell’eroe, Ludvig, dell’eroina, Ann Barbara e della resa simbolica della redenzione nella veste della piccola meticcia. Nel raccolto florido e prosperoso di patate che Ludvig ottiene e mostra al Re, la sua solitudine lo dipinge ancora perdente mentre vince la perseveranza e la cura di Anmai Mus nella semina della riconoscenza e dell’affetto che l’hanno resa speranza vivente di un nuovo, prodigioso raccolto. (La recensione del film “La terra promessa” è a cura di Rita Ricucci)