Uno dei film più noti della commedia all’italiana è proprio “L’armata Brancaleone” che Mario Monicelli ha scritto e ideato (insieme ad Age & Scarpelli) e poi diretto nel 1966. In realtà si tratta del primo di due capitoli dedicati alla figura molto
particolare del cavaliere Brancaleone da Norcia. A rendere, però, questo titolo davvero unico è la scelta dell’ambientazione: la storia ha luogo nel Medioevo, ma è un Medioevo mostrato e raccontato in chiave parodica. E se poi ad accompagnare questa scelta ci sono personaggi interpretati da alcuni tra i più grandi attori italiani, da Vittorio Gassman nel ruolo di Brancaleone da Norcia a Gian Maria Volonté in quello del suo avversario, e poi compagno, Teofilatto dei Leonzi, il risultato è più che scontato: un successo. Fin dal primo istante, a partire dai titoli di testa si comprende la direzione che l’opera ha intenzione di prendere. Tra le immagini e le iconiche musiche di Carlo Rustichelli è impossibile non sorridere e comprendere l’aspetto satirico della storia che verrà poi mostrata sullo schermo. Tutto inizia con l’incursione di un esercito di barbari teutonici in un villaggio dell’Italia centrale. Durante questo momento un ragazzino di nome Taccone, insieme allo scudiero Mangoldo e al robusto Pecoro, entra in possesso di una pergamena, appartenuta a Ottone I il Grande, rubandola a un cavaliere ferito e gettato dai tre nel torrente pensandolo morto. La pergamena in questione viene letta dall’anziano notaio ebreo Zefirino Abacuc, che comunica ai presenti quanto scritto. Essa contiene al suo interno uno scritto che decreta, al suo legittimo possessore, la signoria sul feudo di Aurocastro in Puglia e il giuramento di liberare il feudo in questione dal “nero periglio che viene da lo mare”. A quel punto i quattro si mettono alla ricerca di un cavaliere in grado di guidarli in questa impresa ed ecco che incontrano Brancaleone da Norcia che, inizialmente riluttante perché impegnato in un torneo che lo vedrà sconfitto a causa del proprio svogliato cavallo Aquilante, accetta poi di capeggiare la spedizione. E saranno tante le avventure vissute da questa armata più che strampalata: dall’incontro con un principe bizantino diseredato all’ingresso in una città infestata dalla peste. Tra le varie vicissitudini e il proseguimento del cammino, il gruppo, in parte “scomposto”, entra in un bosco e si imbatte nella giovane promessa sposa Matelda che viene salvata dalle grinfie di avidi barbari. Insomma le avventure (e disavventure) non mancano e permettono di mescolare risate, amore, amicizia e molto altro in una commedia mai banale e scontata. Non a caso dietro la macchina da presa c’è un certo Mario Monicelli che ci ha abituati a titoli del genere in grado anche di rompere gli schemi con la più classica delle tradizioni. E “L’armata Brancaleone” è sicuramente uno di quei titoli che rappresentano la poetica del regista. Senza dimenticare che quello che vediamo in questo film, nonostante sia emblema della commedia all’italiana e della comicità in generale, ha anche dei richiami e delle citazioni più colte che strizzano l’occhio alla letteratura e alla cultura (da Cervantes a Italo Calvino, tanto per citarne un paio). A differenza di altri titoli monicelliani “L’armata Brancaleone” riesce ad arrivare veramente a tutti ed essere trasversale perché è un film erudito, ma allo stesso tempo anche popolare e pronto a tendere la mano a qualsiasi tipo di spettatore. Alla luce di tutte queste considerazioni è inevitabile il successo che ha ottenuto questo film, tanto da portare il produttore Mario Cecchi Gori a convincere Monicelli a girare il seguito “Brancaleone alle crociate” che, come nella maggioranza dei casi, non è arrivato a toccare le vette di eccellenza del primo, seppur non del tutto da dimenticare.
Un’altra caratteristica interessante del film di Monicelli è l’originalità della lingua parlata dai personaggi, elemento che ha contribuito a rendere quasi unico questo film. Quello utilizzato è un idioma immaginario tra il latino maccheronico, la lingua volgare medievale e le espressioni dialettali della Tuscia. Il lavoro fatto dai tre sceneggiatori è stato molto attento e preciso che li ha portati, dopo una ricerca minuziosa, a costruire il verbo popolare del film. Richiamando i poemi cavallereschi, i romanzi cortesi delle novelle di Boccaccio e le satire di Plauto e Molière, “L’armata Brancaleone” si può definire, come diremmo oggi, un film corale. Prendendosi gioco di tutti questi omaggi ai quali abbiamo fatto riferimento il film di Monicelli rielabora i cliché e li contestualizza in un contesto scanzonato e improbabile. Il primo elemento di rottura degli schemi è sicuramente la composizione dell’ “armata” che è tutt’altro che un gruppo serio e credibile in viaggio. Improbabile, sgangherato e assurdo, l’insieme dei personaggi dà vita di per sé a una comicità fuori dagli schemi sotto tanti punti di vista. Anche perché non si tratta di eroi, ma di antieroi sconclusionati che si ritrovano loro malgrado in un’impresa ben al di sopra delle aspettative e delle capacità. Tutti, fatta eccezione per Brancaleone, che però agisce così più per ignoranza che per altro, sono disposti a mollare alla prima occasione. Davanti a pericoli, problemi e ostacoli non guardano in faccia a nessuno e cercano di capire come sfuggire. Tutti tranne il cavaliere di Norcia che davanti a ogni sfida si lancia alla carica all’iconico grido di “Branca Branca Branca, Leon Leon Leon!”, diventato ormai parte integrante del bagaglio culturale italiano e cinematografico. Una parodia nella parodia, un insieme di generi mescolati abilmente tra loro che danno come risultato finale un prodotto più che riuscito. Mescolando Medioevo e mito cavalleresco e aggiungendo un pizzico di umorismo popolare “L’armata Brancaleone” vince e convince. Menzione speciale, come già anticipato, al Gassman protagonista in grado di dimostrare, ancora una volta, la propria immensa bravura e versatilità con un più che riuscito passaggio da cattivo e tenebroso a divertente e credibile cialtrone. A differenziarsi rispetto ad altri film del genere il fatto di non raccontare una banale quotidianità, ma piuttosto qualcosa di nuovo, seppur ambientato nel passato, con l’apporto di elementi ed escamotage nuovi, innovativi e soprattutto esilaranti. Uno dei film da citare e vedere quando si parla di commedia all’italiana. Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI. (Analisi critica a cura di Veronica Ranocchi)
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