LE CATENE DELLA COLPA di Jacques Tourneur (Ieri, Oggi e Domani)


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Come, in qualche modo, anticipato dal titolo, “Le catene della colpa” fa intuire, oltre al genere, anche la direzione che il film di Jacques Tourneur vuole intraprendere. Indubbiamente si tratta di un noir, nel senso più classico del termine, con una focalizzazione soprattutto

Le catene della colpa analisi critica

Le catene della colpa analisi critica

su due termini che sono solitamente centrali nel genere: catene e colpa. In particolare il secondo termine torna spesso in diverse opere, soprattutto dell’epoca (con questo film siamo nel 1947). Il senso di colpa è quello che attanaglia i personaggi protagonisti di film analoghi, generalmente “cattivi”, ma non sempre. La settima arte (e la letteratura di pari passo) hanno insegnato che talvolta quella del “senso di colpa” è una sensazione che provano anche i “buoni”, continuamente dilaniati e contrastati sul da farsi, per non andare a incappare in certe dinamiche che li porterebbe ad aumentare visibilmente questo stato d’animo.

Ma veniamo alla trama de “Le catene della colpa”. Jeff Bailey è il gestore di una stazione di servizio a Bridgeport dove vive tranquillo alternando il lavoro e la pesca sul fiume. L’uomo frequenta una ragazza, Ann, la cui famiglia è però contraria alla loro relazione. In tutto questo Jim, l’aiutante dello sceriffo, è interessato ad Ann. Un giorno Jeff riceve una visita inaspettata, quella di Joe Stephanos, che ha a che fare con il gangster Nick Sterling per il quale il protagonista aveva già lavorato tre anni prima e che adesso sembra intenzionato a rivederlo per un nuovo incarico. L’uomo si fa accompagnare alla villa da Ann alla quale decide di raccontare la verità sul suo passato durante il viaggio. Il suo vero nome è Jeff Markham e tre anni prima lui e il suo socio Jack Fisher erano investigatori privati a New York. Sterling lo aveva contattato per ritrovare la sua amante, Kathie Moffat, scomparsa alcuni giorni prima dopo avergli sottratto quarantamila dollari e sparato quattro colpi di pistola. Nonostante tema che Sterling rivoglia la donna soltanto per vendicarsi di lei, accetta l’incarico, si mette sulle tracce della donna e la trova ad Acapulco. Si innamora di lei, venendo ricambiato. I due decidono, allora, di fuggire assieme, ma Nick Sterling e Joe Stephanos, diretti a Città del Messico, raggiungono Jeff per avere aggiornamenti. Il detective mente, dicendo loro di non aver ancora trovato la donna. Jeff e Kathie pensano di essere riusciti a ingannare gli altri e vanno a vivere a San Francisco. Qui, però, arriva anche Jack Fisher, il vecchio socio di Jeff, che li ricatta minacciando di rivelare tutto a Sterling. I due uomini si affrontano e Kathie uccide Jack sparandogli. Immediatamente dopo fugge via e Jeff, guardando tra le sue cose, scopre un libretto di deposito che riporta il versamento del denaro di Sterling, anche se lei si era sempre dichiarata estranea alla faccenda in questione.

Si interrompe così il racconto del proprio passato da parte di Jeff, che a casa di Sterling rivede Kathie. Quest’ultimo sembra essere al corrente di tutto, ma, nonostante questo, sembra anche essere disposto a lasciar correre se Jeff accetta di occuparsi di un nuovo incarico. Stavolta nel mirino c’è un avvocato di San Francisco, Leonard Eels, che ricatta Sterling.

Dopo essersi messo in contatto con lui e a seguito di una serie di imbrogli e doppio giochi, Jeff dichiara ad Ann che è pronto a liberarsi del proprio passato, una volta sistemate le ultime faccende con Sterling. Peccato che, una volta tornato alla villa, non trovi l’uomo in questione morto per mano di Kathie che può, quindi, ricattarlo a suo piacimento. Jeff è costretto a seguirla, non prima di aver avvisato la polizia. Kathie, però, lo precede e, accortasi della trappola tesa dall’uomo, fa fuoco e lo uccide. La polizia, a sua volta, spara e colpisce la donna, uccidendola.

Un tragico epilogo, quindi, che, però, permette a Ann e Jim di fidanzarsi.

“Le catene della colpa” ha un impianto che richiama quello dei più noti film di questo genere e in aiuto arriva l’ancorarsi a un romanzo. La base letteraria si nota in diverse scelte, una su tutte il modo di narrare, ma anche l’intreccio degli eventi e la caratterizzazione, quasi stereotipata, dei personaggi che sembrano essere o estranei a qualsiasi cosa e intenti a vivere la propria idilliaca vita solo in apparenza perfetta o invischiati in problemi e situazioni insormontabili per chiunque.

Interessante è, come detto, la struttura portante che si ancora, per gran parte del film, su un flashback. E non è una scelta scontata. Anzi, è coraggiosa la decisione di Tourneur di occupare praticamente quasi la metà del film con un ricordo che, al contrario di quanto si possa pensare, alimenta la storia e la suspense che la accompagna.

Per poter parlare di noir classico non si può non prendere in esame “Le catene della colpa”, tra l’altro oggetto di un remake non altrettanto incisivo, realizzato nel 1984 da Taylor Hackford.

Robert Mitchum in una foto tratta da “Le catene della colpa” di Jacques Tourneur

Si potrebbero fare tante citazioni a grandi classici del passato ai quali il film si rifà, ma anche tanti titoli che prendono a loro volta spunto dal film di Tourneur. Da “Detour” dove il personaggio nasconde un passato “da dimenticare” e che non vuol far emergere a “Il mistero del falco” che dà vita al personaggio per eccellenza della dark lady. Eccellente la prova attoriali di coloro che vengono chiamati in causa nel film, ma appunto il tentativo più che riuscito di ammaliare non solo il protagonista, ma anche lo spettatore stesso, da parte della temibile Kathie è la vera chiave di lettura. Quella alla quale facevamo cenno all’inizio con l’analisi del titolo. È con lei che Jeff si sente in qualche modo legato con le famigerate “catene” ed è per lei che prova il senso di colpa. Un senso di colpa che, nonostante sia passato del tempo, continua a divorarlo, tanto da trovare la forza per parlarne con l’attuale fidanzata solo in prossimità dell’incontro con un evento che potrebbe portarlo a rischiare la vita. Come se volesse togliersi un peso dalla coscienza rivela tutto ad Ann e lo fa proprio perché sa di essere dalla parte del torto, da quello della “colpa”. Poi naturalmente a questo bisogna sommare la capacità registica di Tourneur che crea suspense nello spettatore facendo “incontrare”, ma mai direttamente, personaggi che sono inesorabilmente legati tra loro. E questo va a sposarsi alla perfezione con il senso di morte incombente. Che si abbia a che fare con un personaggio “buono” o con uno “cattivo”, che ci si trovi in un luogo tranquillo o in uno caotico sicuramente nessuno è in grado di sottrarsi al proprio destino e, anzi, l’ombra della fine imminente sembra abbattersi costantemente, creando quasi una sensazione di claustrofobia da questo punto di vista.

Interessante è, però, in questo contesto nero, scuro e cupo, il parallelismo tra le due donne del protagonista. Entrambe riescono a fare breccia nel suo cuore, ma in maniera diversa, essendo esse stesse agli antipodi, sotto molti punti di vista. Bellissima e seducente una, ma al tempo stesso egoista e cinica, meno appariscente e “pulita” l’altra.

Un noir che riesce veramente a tenere col fiato sospeso fino all’ultimo istante e far dubitare di qualsiasi cosa. Lo spettatore non sa a chi e a cosa credere, ma va avanti, segue i personaggi e si interroga. Una grande lezione di narrativa, di stile e di tecnica. Da non perdere, in quanto capolavoro della settima arte. Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI. (Analisi critica a cura di Veronica Ranocchi)

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