La recensione del film L’orto americano a cura di Matteo Marescalco. Il gleaming detail che con maggiore prepotenza si nota in questo ritorno di Pupi Avati al suo tanto caro gotico padano è la nebbia, che avvolge ogni cosa, mistifica ogni conoscenza, blocca i personaggi in gorghi oscuri da cui non riescono a uscire, è una suggestione visiva che nasconde la verità e la rende indecifrabile.
Protagonista de L’orto americano è un ragazzo che, nella Bologna dei giorni appena successivi alla Liberazione, si innamora di una nurse dell’esercito americano entrata dal barbiere per chiedere un’informazione. Di lei, lui non sa nulla. La certezza è che la ragazza sia la donna della sua vita.
Tempo dopo, diventato scrittore, il ragazzo si trasferisce negli Stati Uniti alla ricerca di una storia che possa dare vita al suo libro. In piena notte, sente una voce provenire dall’orto abbandonato dei vicini. Da quella casa è scomparsa Barbara, che è proprio la ragazza di cui lui si era innamorato all’inizio del film. Scavando nel terreno, il ragazzo trova un vaso con del liquido opaco e un riferimento a genitali femminili.
Inizia, così, un cupissimo viaggio che lo porterà a indagare in giro per gli Stati Uniti, a conoscere la madre e la sorella di Barbara, e a trasferirsi nuovamente nella nebbiosa pianura padana, sulle tracce di un folle che uccide le donne, ne estirpa i genitali conservandoli in formaldeide. Da questo viaggio, il ragazzo ne uscirà potenzialmente a pezzi e con più dubbi che certezze.
L’orto americano è costruito per essere il canto del cigno di Pupi Avati, che torna alle sue carissime atmosfere del gotico padano con una storia che scava nei chiaroscuri della memoria e della follia. Il film inizia come una storia d’amore impossibile e si evolve in un giallo hitchcockiano, in cui la paura e le sorprese si possono annidare ovunque. Le tonalità e l’estetica sarebbero suggestive e ben dosate se non fossero troppe volte appesantite da eccessi di verbosità che abbassano l’attenzione e che diluiscono esageratamente il racconto.
La vicenda ne L’orto americano non ha una risoluzione e lo sviluppo della trama accenna a diverse piste, tutte quante abbandonate in un finale che, comunque, non chiarisce le idee ma lascia gli spettatori in una situazione di dubbio. Anche l’odissea del personaggio interpretato da Filippo Scotti rischia di chiudersi con un nulla di fatto, rimanendo ambigua e incompiuta.
Nonostante questi punti deboli, questa storia arcana, misteriosa e, a tratti, soprannaturale riesce a essere una struggente e inquietante riunione di spettri. E allora comprendiamo che, in fin dei conti, in questo falso movimento che è L’orto americano non è stato importante tanto l’arrivo quanto, appunto, il moto in sé. (La recensione del film L’orto americano è a cura di Matteo Marescalco)

LA SCHEDA DEL FILM L’ORTO AMERICANO (t.o. L’orto americano)
Regista: Pupi Avati – Cast: Filippo Scotti, Rita Tushingham, Chiara Caselli, Roberto De Francesco, Armando De Ceccon, Massimo Bonetti, Morena Gentile, Mildred Gustafsson, Romano Reggiani – Genere: Drammatico – Anno: 2024 – Paese: Italia – Sceneggiatura: Pupi Avati, Tommaso Avati – Fotografia: Cesare Bastelli – Durata: 1 h 47 min – Distribuzione: 01 Distribution – Data di uscita: 6 Marzo 2025 – Il sito ufficiale del film L’orto amaricano di Pupi Avati
Trama: L’Orto Americano, il film diretto da Pupi Avati, inizia a Bologna alla vigilia della Liberazione. Un giovane aspirante scrittore (Filippo Scotti) dalla mente contorta, incrocia casualmente lo sguardo di un’ausiliaria americana (Mildred Gustafsson) dal barbiere e se ne innamora follemente. Non la dimenticherà mai e anni dopo decide di andare negli Stati Uniti per scrivere il suo romanzo definitivo. Quando arriva in una cittadina del Midwest, scopre che nella casa vicina vive un’anziana signora che ha perso ogni traccia della figlia. Di notte, dall’orto della donna, provengono inquietanti urla…
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