– L’UOMO DI ARAN di Robert J. Flaherty (Ieri, Oggi e Domani)


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Premiato alla Mostra del cinema di Venezia del 1934 con la Coppa Mussolini al miglior film straniero, “L’uomo di Aran” di Robert J. Flaherty non ha una definizione precisa. Può essere considerato un film drammatico, ma al tempo stesso anche un documentario poetico. “L’uomo di Aran” è la storia di una famiglia di pescatori che vive su una delle isole di Aran in Irlanda. In quella che è descritta ed è di fatto una terra inospitale e dura si sviluppa la vita di persone forti e indipendenti abituate a lottare contro gli elementi della natura e a rispettarla. Al centro una famiglia composta da padre, madre e figlio. I tre riproducono fatti, parole e gesti tradizionali e antichi del luogo e della natura stessa e, nel farlo,

L'uomo di Aran di Flaherty Analisi Critica

L’uomo di Aran di Flaherty Analisi Critica

vengono ripresi dal regista in un modo diverso dal solito (per questo si parla non solo e soltanto di film drammatico, ma anche di documentario poetico, volto a documentare, appunto, ma in maniera originale). Un modo che richiama quello dell’antropologo, intento a scavare fino alla radice e all’origine per capire usi, costumi e modi di fare e vivere. Tra gli avvenimenti degni di nota la caccia agli squali, la tempesta che quasi travolge la barca del protagonista e la vita all’interno della capanna. Nonostante questa carrellata di eventi che si susseguono l’uno dietro l’altro senza apparente collegamento la percezione resta quella di una struttura drammatica, nella quale i personaggi diventano degli eroi, in grado di fare tutto pur restando umili. Per parlare, però, in maniera più precisa di questa pellicola occorrerebbe aprire una parentesi sulla produzione e sul fatto che il finanziamento della British Gaumont e di Michael Balcon permise un lungo periodo di lavorazione. E, proprio grazie a questo, il regista, insieme alla moglie e ad altri collaboratori, riuscì a rimanere nell’isola in questione e “studiarla” sotto tutti i punti di vista, che ritornano poi all’interno dell’opera stessa. Mescolando in maniera abile e saggia documentario e finzione, il regista racconta quello che è un vero e proprio conflitto tra uomo e natura, tra artificiale e naturale, uno scontro che è quotidianamente alla base degli isolani di Aran. Questo perché la natura presentata è ostile e diventa un ostacolo alle esigenze e alle richieste dell’uomo che ne ha bisogno, inevitabilmente. La natura di Aran, come detto, è inospitale, non contribuisce ad aiutare: la terra coltivabile è scarsa, le condizioni climatiche sono avverse e le frequenti e forti tempeste rendono impossibile viaggiare per mare e pescare. Quella che viene posta di fronte al pubblico è una lotta alla sopravvivenza, anche commovente a tratti, dove l’uomo combatte con il suo nemico numero uno che, però, è, allo stesso tempo, anche ciò di cui ha maggior bisogno. Non ne può fare a meno, ma proprio a causa delle condizioni spesso avverse, deve inevitabilmente contrastarla. In questo è degna di nota la mano saggia e mai invadente del regista che, con il suo tipico garbo, si limita a mostrare senza giudicare o condannare, ma semplicemente prendendo atto di ciò che succede riportandolo nella maniera più fedele possibile sullo schermo. Una buona parte delle scene sono state ricostruite per l’occasione, ma richiamano naturalmente fatti realmente accaduti che Flaherty ha documentato a suo modo e ritrasposti per il pubblico, in modo da far percepire a chiunque la sensazione provata. Anche perché il fatto che siano sequenze ricostruite non intacca assolutamente la naturalezza e la passione con le quali questo mondo viene presentato. Interessante anche sottolineare la scelta degli “attori” improvvisati (alcuni abitanti del luogo) che il regista volle comunque conoscere bene e in maniera approfondita, cosa che comportò un allungarsi dei tempi di lavorazione. Flaherty seguì a lungo i tragitti che abitualmente le persone del luogo

Una scena tratta dal film “L’uomo di Aran” di Robert J. Flaherty – Analisi Critica

facevano, approfondì e analizzò meticolosamente i momenti di vita quotidiana in modo da rafforzare la tendenza a osservare i modi di vivere degli uomini per comprenderne le caratteristiche tipiche che derivano da comportamenti abituali. Quello che emerge da “L’uomo di Aran” è un mondo medio, normale che viene semplicemente mostrato e “documentato” per lo spettatore che ne rimane comunque a distanza. A parte la lotta uomo-natura, non c’è un vero e proprio scontro, non ci sono forze negative o positive che si contrastano, né, quindi, la figura dell’eroe. Tutti si “limitano” a vivere la propria vita nel modo più normale possibile in relazione alla terra nella quale vivono e vengono mostrati in maniera naturale e, soprattutto, realistica dal regista. Insomma si potrebbe concludere con non esiste una storia o una trama, ma che la macchina da presa di Flaherty riprende i personaggi mentre svolgono la propria vita, il proprio lavoro, ogni giorno. La vera trama de “L’uomo di Aran” consiste proprio nel legame indissolubile tra uomo e natura, una correlazione intorno alla quale ruota l’intera pellicola. Una commistione riuscita tra dramma e documentario, tra realtà e poesia. Un fascino che “L’uomo di Aran” ha intrinsecamente e che trasmette al suo pubblico, grazie alla bellezza dei luoghi, della natura e della semplicità con la quale essa stessa viene mostrata. Una vera e propria pietra miliare nella storia del cinema naturalistico e documentaristico, un antesignano del genere che, forse più di altri, colpisce nell’animo. Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI. (Analisi critica del film “L’uomo di Aran” di Robert J. Flaherty a cura di Veronica Ranocchi)

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