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Oltre il confine Recensione Locandina

una storia di immigrazione, dei suoi pericoli e dei sogni infranti, vista con gli occhi dei bambini. Bekisisa ed Eno, il suo fratellino, sono senegalesi. Nella loro Africa, privi di cibo e di acqua necessari alla sopravvivenza, assistono alla morte della mamma che nell’ultimo sospiro li benedice e raccomanda loro di raggiungere lo zio Fallou in Italia, a Roma da dove, per altro, sono stati già rimpatriati una volta. Il viaggio dei due ragazzini comincia nell’oscurità dei segreti della foresta quando i rumori della natura si confondono con quelli degli animali più pericolosi. Valenti opta poi, con il descrivere una traversata senza gommoni né Mediterraneo: lo schermo diventa il mare stesso e dal suo buio emergono, galleggiando e respirando affannosamente, i due fratelli fino a raggiungere la terra ferma per poi re- inoltrarsi in quella che sembra una nuova foresta. I rumori che sentono sono nuovi ma non meno pericolosi. Sono altri bambini, migranti come loro, di diverse parti del mondo, che vivono, soli, in una vecchia struttura di accoglienza per profughi. La fame persiste e i nuovi compagni di sventura non danno per scontato che i due fratelli senegalesi debbano averne senza contribuire a procurarne. L’animale più temuto in questa nuova foresta è invece un uomo, Gigetto, Nicola Rignanese, un bracciante che approfitta dei ragazzini orfani per sfruttarli nei campi e per il proprio divertimento, cioè puntando su uno e poi sull’altro, nella lotta a pugni e calci, come fossero galli. Per questo Bekisisa vuole scappare anche da lì e raggiungere Roma. Bisogna raccogliere i soldi necessari. Bekisisa si adopera alla raccolta di offerte, per strada, cantando le nenie della sua Africa con una voce soave e leggera. Sono i suoni del richiamo degli spiriti dei morti, così come quello di sua madre, con il quale Bekisisa, attraversa le note, parla ancora chiedendo aiuto e protezione. Il viaggio di Valenti, pur nella tenerezza degli sguardi dei singoli bambini, nella crudeltà fiabesca di Gigetto come il Mangiafuoco in Pinocchio, piuttosto che il Lupo in Cappuccetto Rosso, non sembra però approdare in una terra felice. La narrazione fiabesca, poco articolata, e invece prevedibile, si incaglia negli scogli dell’atonia, cioè di un percorso senza toni, né drammatici né realistici. Per questo anche l’incontro con la signora delle api, un’attrice in attesa di lavoro, Iaia Forte, una fata turchina che si prende cura dei due fratellini e li mette in guarda dai pericoli per raggiungere la loro meta, Roma, è esaurito in poche scene senza che queste abbiano un senso nell’economia del racconto. I suoni evocati dalla voce di Bekisisa, in assenza di una colonna sonora, non toccano il cuore dello spettatore. Perché se l’attenzione di Valenti sembra quella di voler raccontare sì un viaggio di migrazione ma anche un’esperienza di crescita come per il sogno di Eno di avere la maglietta originale di Mané, giocatore della nazionale senegalese, e quello del primo amore di Bekisisa, Alaba, uno dei giovanissimi profughi, il film sembra perdersi in campi lunghissimi che, purtroppo, ne distolgono l’attenzione. (La recensione del film “Oltre il confine” è di Rita Ricucci)