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Tàr Recensione Poster

Lydia Tàr, l’incredibile attrice si è già portata a casa un Golden Globe come Miglior attrice in un film drammatico, la coppa Volpi al Festival Internazionale del Cinema di Venezia come Miglior interpretazione femminile e una candidatura al Premio Oscar come Miglior attrice protagonista.
Partiamo col dirvi che il regista e sceneggiatore del film è stato chiaro: lo script è stato ideato e modellato su Cate Blanchett, se lei avesse rifiutato il ruolo il film non avrebbe mai visto la luce. E chi potrebbe dargli torto? Lydia Tàr è una direttrice d’orchestra al picco della carriera: è una dei pochi artisti ad aver conquistato tutti i grandi premi musicali (Emmy, Grammy, Oscar e Tony), sta per uscire un libro sulla sua vita “Tàr to Tàr” e sta per completare le registrazioni del ciclo delle sinfonie di Mahler. È proprio la Quinta che la spaventa di più, la più gloriosa ed infausta, la più complessa e che segnerà il vero punto di arrivo della sua strabiliante carriera. Ma Lydia non è solo questo, sono tante le ombre nel suo sguardo, gli scheletri che spinge a forza nell’armadio per nasconderli anche a se stessa. Si rifugia nella sua prima casa a Berlino che non riesce a dar via nonostante l’immenso loft che condivide con la compagna Sharon (Nina Hoss), primo violino dei Berliner, e la figlia Petra; si nasconde dietro scelte fintamente disinteressate e un sorriso che non riuscirà a tenere a lungo perché si sa, certi mostri se non si affrontano trovano sempre il modo per uscire fuori. Per tutta la durata del film una delle tante domande che non riesce a trovare risposta è: chi è Lydia Tàr? Forse neanche lei lo sa, anni di carriera senza mai trovare la sua vera identità. Anche per scattare la foto di copertina per questa famosa ultima registrazione del ciclo sinfonico di Mahler non trova niente che la porti a qualcosa di proprio: mostra la foto in copertina di Claudio Abbado, proprio della stessa sinfonia e si fa confezionare una camicia identica alla sua, per poi posare allo stesso modo del suo celeberrimo predecessore. Dal suicido della sua precedente protetta, una giovane direttrice d’orchestra a cui lei ha tagliato ogni strada senza un’apparente motivo (velato ma non troppo), inizierà la sua discesa verso il basso: a poco a poco, un errore alla volta, tutta la sua vita diventerà un immenso campo minato che, per via della sua tracotanza, finirà per portarla all’autodistruzione. Quanto è difficile mantenere l’equilibrio tra talento spregiudicato e potere crescente? Quanto è sottile la linea che ci porta dall’essere glorificati all’essere esclusi da qualsiasi ambito? Todd Field cuce a pennello una sceneggiatura minuta con una regia precisa e senza sbavature, un film che a volte appare confuso ma sono solo filamenti di una unica grande tela che sarà chiara del tutto solo alla fine.
La musica poteva forse essere più protagonista ma riesce a segnare ed emozionare nei momenti giusti, senza strafare, senza diventare attrice protagonista. Un film da gustare per lasciarsi incantare da tanta bravura e portare a casa tante domande. (La recensione del film “Tàr” di Rachele Di Paolo)