VAMPYR di Carl Theodor Dreyer | Ieri, Oggi e Domani | Analisi Critica


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Un capolavoro dell’incubo. “Vampyr – Il vampiro” è il film del 1932 diretto da Carl Theodor Dreyer. Una delle caratteristiche principali del film che lo hanno reso celebre nel tempo è che si tratta del primo film sonoro di Dreyer nonostante gli attori ricorrano poco al parlato e il sonoro al quale si fa

Vampyr di Carl Theodor Dreyer Recensione Analisi critica

Vampyr di Carl Theodor Dreyer Recensione Analisi critica

 riferimento è l’insieme di rumori e suoni che sono soprattutto d’atmosfera. Viene considerato anche uno dei film che fanno parte dell’ipotetica trilogia da cui ha avuto origine l’intera cinematografia sui vampiri. Arriva dopo, cronologicamente parlando, rispetto al “Dracula” di Tod Browning e al “Nosferatu” di Murnau, ma nonostante questo il “Vampyr” di Dreyer non sembra risentire o subire in alcun modo l’influenza dei predecessori. Al contrario, fa suo il tema e il modo in cui esso viene trattato tanto da essere ripreso successivamente da vari autori e da molto cinema, anche più recente. Un viaggiatore di nome Allan Grey arriva in una locanda presso un misterioso villaggio. Decide di fermarsi lì per la notte, ma viene svegliato all’improvviso da un vecchio che entra nella stanza e lascia un pacchetto quadrato con la frase “Da aprirsi alla mia morte”. Grey prende il pacchetto ed esce fuori dalla locanda. Alcune ombre lo guidano a un antico castello, dove vede le ombre che danzano e vagano. Il viaggiatore lascia il castello e prosegue il suo viaggio dirigendosi verso un maniero nelle vicinanze. Lì scorge il vecchio che in precedenza gli aveva dato il pacchetto che si aggira per le sale con in mano un candelabro finché improvvisamente un’ombra spara un colpo che lo colpisce e lo uccide. Grey, invitato a passare la notte nella casa dei servitori, si ricorda del pacco da aprire alla morte dell’anziano: all’interno trova un antico libro sui vampiri di Paul Bonnant. Conosce Gisèle e Léone, le due figlie del signore del castello, e scopre, leggendo il libro, che la seconda, ritrovata priva di sensi e con ferite da morso, è in realtà caduta vittima di un vampiro, e che queste creature dell’Oltretomba sono in grado di piegare gli esseri umani alla loro volontà. Nel frattempo, giunge al maniero un medico dal villaggio vicino che il protagonista riconosce. Dopo alcune vicissitudini Grey sorprende il medico mentre sta tentando di avvelenare Léone. Nonostante ciò, riesce comunque a fuggire dal maniero. Intanto un vecchio servitore scopre, grazie al libro di Grey, che un vampiro può essere sconfitto trafiggendogli il cuore con una barra di metallo. Si dirige, quindi, subito al cimitero del villaggio dove, insieme a Grey, apre la tomba di una certa Marguerite Chopin. Qui i due trovano la salma della vecchia perfettamente conservata e decidono di conficcare una grande barra di metallo nel suo cuore, uccidendola. La maledizione del vampiro è finalmente annullata e tutto può tornare alla normalità. Nonostante la datazione, molto antica del film, il capolavoro di Dreyer si presta a un’analisi approfondita sotto ogni aspetto. Innanzitutto è un film girato in ambienti naturali con tecniche attente e argute che tendono a far visualizzare allo spettatore inquietudine e angoscia (attraverso sfondi sfumati e irreali, ombre e figure che non si distinguono molto bene) e che, proprio per questo, lo rendono, come detto, un capolavoro dell’incubo. Sempre in relazione agli ambienti scelti si può parlare, oltre che di luoghi aperti, anche di luce diurna che porta a un altro elemento caratteristico di questo film: la prevalenza del bianco sul nero (anche se, sulla base della “leggenda” sembra che Dreyer si sia adattato a un incidente di lavorazione che lo ha portato a privilegiare obbligatoriamente l’uno all’altro). La narrazione segue una logica onirica e il protagonista sembra muoversi all’interno del film come fosse un sonnambulo.

Una scena tratta dal film “Vampyr” di Carl Theodor Dreyer

Poi ci sono le invenzioni visive che, sicuramente vanno considerate nell’ottica del periodo, ma che, proprio per questo, sono comunque ancora molto valide. Ancora oggi continuano a lasciare meravigliati, contribuendo a creare quell’atmosfera, come detto, incerta e inquietante. Le immagini che ci mostra Dreyer sono sempre fuorvianti, o meglio non sembrano (e forse non sono nemmeno) reali, ma richiamano costantemente questa idea di sogno e irrealtà, di mondo onirico. Tratto dal libro “Camilla” di Sheridan Le Fanu, la più famosa novella di vampirismo femminile, ispiratrice di numerosi film, “Vampyr” è fotografato da Rudolph Matè. Merita una menzione speciale una delle sequenze principali del film, quella del funerale “soggettivo” del protagonista che ha una sorta di visione di sé stesso morto e si immagina quello che accade, quasi vivendolo in prima persona. In quell’occasione l’angoscia del sogno si mescola al terrore della realtà. Dal modo in cui è narrato al modo in cui viene mostrato al pubblico, con un sapiente uso di luci e suoni. Tutto il film è percorso da suoni e voci indefinibili, mormorii, frasi rotte, singhiozzi e lamenti. Un sonoro che è completamente funzionale alla storia e dà in maniera sorprendente il senso del soprannaturale. Indimenticabile è poi il sorriso di Sybille Schmitz che, nel momento in cui diventa vampira, mostra un intreccio di emozioni e sensazioni che si allineano perfettamente alla logica del film e a quanto detto sopra. “Vampyr” è sicuramente un horror, un film capace di angosciare come pochi altri in certe sequenze, e di suscitare impressioni di orrore, morte, spavento che ancora oggi sono insuperate. Allo stesso tempo, però, si distacca nettamente sia dai modelli hollywoodiani, sia dall’espressionismo. Un aspetto interessante del film di Dreyer è che, pur essendo un film sui vampiri, paradossalmente, il vampiro, che, appunto, dovrebbe essere centrale nella narrazione, appare poco. Il film è costruito non intorno a questo figura, a differenza di quanto avvenuto fino a quel momento. E poi c’è il fatto che il vampiro è una donna, interpretata, come la maggior parte dei protagonisti del film, da un’attrice non professionista, ma scelta per il volto peculiare e ben adatto al personaggio. Un film che, a quasi un secolo dall’uscita, ha ancora tanto da dire. Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI. (Analisi critica a cura di Veronica Ranocchi)

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