Presentato a Venezia 80 il quarto film italiano in Concorso: “Enea”, scritto, diretto e interpretato da Pietro Castellitto. Dopo aver vinto il Premio Orizzonti per la miglior sceneggiatura con “I predatori” nel 2020 (oltre al David di Donatello per il miglior regista esordiente e per la migliore sceneggiatura, Nastro
d’argento per il migliore regista esordiente), stavolta Castellitto racconta di due amici che si muovono in una Roma borghese decadente, tra droga, discoteche, e soprattutto famiglie complicate. Alla Mostra del Cinema ha portato quasi tutta la famiglia: Sergio e Cesare Castellitto, rispettivamente il papà e il fratello, interpretano lo stesso ruolo anche nel film.
Il film. I festoni e lo sballo, lo spaccio e il circolo esclusivo, Enea si muove da re del divertimento, traffica in un mondo di lusso cui appartiene, imprenditore del benessere estremo suo e degli altri, sempre tutto griffato. Fa l’istruttore di tennis, ma in realtà è un giovane imprenditore che punta al massimo del successo in una Roma bene che lui stesso abita. Fa il primogenito con il fratello studentello e però ci gioca anche, dialoga con i genitori borghesissimi, il padre psicologo la madre conduttrice di una rubrica di libri in tv, si confida con loro. Con l’amico del cuore Valentino di professione aviatore gestisce pure un ristorante di sushi a Roma Nord e a una festa conosce una ragazza bellissima di cui si innamora.
Il desiderio di sentirsi vivi. Per Pietro Castellitto che del film è protagonista, regista, autore della sceneggiatura, “Enea è un eroe romantico. E’ un desiderio non elitario quello di sentirsi liberi, trasversale a tutti i giovani, in qualunque città del mondo”. In qualunque quartiere ed epoca la sua famiglia è borghese? “Sì ma non è apatica, è un clichè quello che generi figli nichilisti, qui la sua famiglia è piena di umanità. Enea vive il paradosso tragico per cui uno la vita la sente meglio se sta in guerra, e lui e il suo amico si inventeranno la loro guerra”. Il regista: “É un film che parla del desiderio di sentirsi vivi, quindi di riuscire a rendere il proprio futuro misterioso e la famiglia ogni tanto invece può instradarti troppo, può risultare noiosa, è un luogo con cui fai i conti tutta la vita. Raccontando questi due ragazzi di 30 anni era strano non raccontare il controcampo familiare che poi è molto presente in storie simili, le faccende più affascinanti di chi ha storie simili sono le litigate in famiglia, la quotidianità familiare non solo le pistolettate o la droga”. “Enea è un gangster movie senza la parte gangster. Una storia di genere senza il genere”, scherza Castellitto.
Un film di famiglia. Enea è anche un film di famiglia: il padre è Sergio Castellitto, il fratello è Cesare, uno dei suoi veri fratelli. “Ho provato in tutti i modi a fare il film senza mio padre, ma sapevo che avrebbe avuto quell’ironia necessaria, nessuno come lui, forse Adam Driver. Sentivo che era un po’ un destino e sono contento della scelta, è stato il modo per conoscerci meglio, frequentarci in un ambiente diverso. Il set ci ha permesso di scoprirci”, racconta. Da giovane, rivela Pietro, non voleva fare cinema ma frequentare ambienti del tutto diversi. Poi al cinema è tornato e stavolta ha voluto anche lavorare con suo padre: “Il personaggio si muoveva su un terreno emotivo che sapevo che lui sarebbe stato in grado di intercettare come nessuno, ho provato a scappare da questo fantasma ma era destino che accadesse e con i fantasmi devi farci i conti prima o poi, ed è bello farci i conti prima che spariscano”. (dal tgcom24)
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