Con la magia di Tim Burton e il suo “Beetlejuice Beetlejuice” si apre Venezia 81, diretta da Alberto Barbera, un’edizione davvero extra large in quanto ad autori e star. Saranno in sedici a sfidare il quintetto italiano in gara per il Leone d’Oro, “Campo di battaglia” di Gianni Amelio, ‘Vermiglio” di Maura Delpero, “Iddu” di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, “Queer” di Luca Guadagnino e “Diva Futura” di Giulia Steigerwalt.
La cerimonia. A condurre la serata che precederà la proiezione del film, sarà l’attrice Sveva Alviti, mentre tra gli ospiti del mondo dello spettacolo prevista la presenza della cantautrice e attrice Clara, protagonista dell’ultima edizione del Festival di Sanremo e fra i personaggi più amati della serie tv “Mare Fuori”. Nel corso della serata avrà luogo poi la consegna del Leone d’oro alla carriera all’attrice Sigourney Weaver. In sala anche le Giurie internazionali al completo a cominciare da quella del Concorso, presieduta da Isabelle Huppert e con James Gray, Andrew Haigh Agnieszka Holland Kleber Mendonça Filho, Abderrahmane Sissako e Giuseppe Tornatore.
“Beetlejuice Beetlejuice” film d’apertura. “Beetlejuice Beetlejuice” di Tim Burton è l’atteso ritorno di uno dei personaggi più iconici del cinema visionario di Tim Burton, lo spiritello interpretato da Michael Keaton e con lui Winona Ryder nel ruolo di Delia Deetz. New entry: Justin Theroux, Monica Bellucci, Arthur Conti, Jenna Ortega nel ruolo della figlia di Lydia, Astrid, e Willem Dafoe. Dopo un’inaspettata tragedia familiare, tre generazioni della famiglia Deetz tornano a casa a Winter River. Ancora perseguitata da Beetlejuice, la vita di Lydia viene sconvolta quando la figlia adolescente e ribelle, Astrid, scopre il misterioso modellino della città in soffitta e il portale per l’Aldilà viene accidentalmente aperto. Con i problemi che stanno nascendo in entrambi i regni, è solo questione di tempo prima che qualcuno pronunci tre volte il nome di Beetlejuice e il demone dispettoso torni nuovamente per scatenare il suo caos. Il film sarà in sala dal 5 settembre.
Leone d’oro, i 16 film che sfidano i 5 italiani. A sfidare i 5 titoli italiani arrivano da Usa, Francia, Cina, Argentina in gara 16 film, thriller politici, storie di sport e di aborto e biopic. “Trois amies” di Emmanuel Mouret ovvero la storia di Joan, Alice e Rebecca tre amiche molto diverse: la prima decide di lasciare il compagno, la seconda di mantenere un rapporto stabile ormai privo di passione, la terza crede nell’amore come avventura e ha una relazione segreta. “The Order” di Justin Kurzel, thriller politico che si svolge nel 1983, quando una serie di crimini violenti scuotono gli Usa. La svolta si presenta quando un agente (Jude Law) ha l’intuizione giusta. Non si tratta di semplici criminali, ma di un’organizzazione terroristica di suprematisti bianchi che pianificavano una rivoluzione conservatrice guidata dallo spietato Robert Jay Mathews (Nicholas Hoult). Dramma familiar-politico in “Jouer avec le feu” di Delphine & Muriel Coulin con Vincent Lindon nei panni di un ferroviere sulla cinquantina che scopre che il più grande dei suoi due figli si ritrova coinvolto in gruppi di estrema destra, agli antipodi dei suoi valori.
“Joker: Folie à deux” di Todd Phillips, uno dei film più attesi al Lido e sequel del film Leone d’oro a Venezia nel 2019 e campione d’incassi. Joaquin Phoenix è rinchiuso nel manicomio criminale in attesa di processo, qui incontra Lady Gaga. “Kill the Jockey” dell’argentino Luis Ortega. Una coppia di atleti deve decidere cosa fare del proprio futuro. Il comportamento autodistruttivo di Remo mette in ombra il suo talento mentre Abril, futura fantina, è incinta di Remo e deve decidere se avere un figlio o continuare la carriera. Dopo dodici anni torna al Lido Walter Salles regista brasiliano di “Central do Brasil” (1998) con “I’m Still Here”. Fernanda Torres è una donna che cerca la verità sul marito scomparso durante la dittatura militare in Brasile. Il film è la ricostruzione di una vicenda autentica, quella dell’ ex deputato socialista Marcelo Rubens Paiva. “Youth – Homecoming” di Wang Bing è l’ultimo capitolo della trilogia del regista che ha già dedicato il primo capitolo Youth Spring a un gruppo di giovani lavoratori tessili che si spostano dai loro villaggi rurali per lavorare in manifatture cittadine, film in concorso a Cannes l’anno scorso. In questo terzo capitolo che approda al Lido c’è il ritorno a casa dei ragazzi, dopo il fallimento della fabbrica in cui erano impiegati e sfruttati a Zhili, vicino a Shanghai.
“Harvest” di Athina Rachel Tsangari ci porta a fine Cinquecento, alla vigilia della rivoluzione agricola nelle campagne inglesi, quella rivoluzione che fece passare i terreni da bene collettivo a controllo diretto dei proprietari terrieri. “April” della regista georgiana Déa Kulumbegashvili racconta di un’ostetrica di un ospedale rurale che si presta per ragioni ideali e umanitarie a praticare aborti clandestini in un paese dove l’aborto è tuttora illegale. “Babygirl” è invece un thriller erotico della regista Halina Reijn. Nicole Kidman è Romy, manager insoddisfatta che cerca conforto in un rapporto sadomaso con il suo giovane stagista (Harris Dickinson). Antonio Banderas interpreta il marito della Kidman. “The Room Next Door” di Pedro Almodovar racconta la storia melò di Martha (Tilda Swinton), madre imperfetta di una figlia rancorosa. Tra di loro Ingrid (Julianne Moore), amica della madre. Insieme nella casa costruita nel mezzo di una riserva naturale nel New England, le due – reporter di guerra la prima, romanziera autobiografica la seconda – sono le principali protagoniste di un film che affronta la crudeltà infinita della guerra.
Da Singapore arriva “Stranger Eyes” di Yeo Siew Hua, un’opera a strati con a più letture: un’escursione metalinguistica sul cinema in cui si avverte l’eco del film di Hitchcock La finestra sul cortile, la rappresentazione di un Paese sotto l’occhio delle videocamere di sorveglianza, ma anche una riflessione sulla nozione di famiglia. “Maria” di Pablo Larraìn affronta gli ultimi giorni di Maria Callas, interpretata da Angelina Jolie. Nel cast, anche Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher nei panni dei due collaboratori che rimasero accanto alla Callas sino all’ultimo, nel dorato soggiorno parigino in cui la Diva sognava un impossibile ritorno sulle scene. “Love” di Dag Johan Haugerud, “terzo film di una trilogia sull’analisi dei comportamenti sessuali in contrasto con le norme sociali”. Il regista mette in scena due operatori sanitari: Marianne, medico sulla quarantina che non desidera una relazione stabile e Tor, infermiere aperto e libertino che condivide con lei una visione libera e non convenzionale delle relazioni sentimentali e sessuali.
“The Brutalist” di Brady Corbet racconta trenta anni della vita di un architetto geniale e visionario, László Toth (Adrien Brody), ebreo ungherese sopravvissuto ad Auschwitz. Emigrato negli Usa nel 1947 con la moglie, vive i primi anni in povertà sino a quando incontra un cliente misterioso e facoltoso (Guy Pearce), che gli affida un progetto gigantesco. “Leurs enfants après eux” di Ludovic e Zoran Boukherma è realizzato dai due fratelli gemelli francesi al loro terzo film e tratto da un romanzo omonimo di Nicola Matthieu è il racconto corale di un gruppo di giovani adolescenti in una valle sperduta della Francia orientale negli anni Novanta. Un coming over age dove c’è posto per l’amore, l’amicizia e la rivalità, i dissidi con il padre, il piccolo spaccio e le illusioni perdute della provincia: insomma due registi che si confermano come due promesse per il cinema d’oltralpe. (dal tgcom24)
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